PRIGIONIA
di Enzo Costa
La testata che il giovane carceriere dell’imprenditore Calevo ha dato alla telecamera, dopo la condanna in primo grado, aveva un segno simbolico: descriveva l’assurdità, il cozzare con il buon senso, di un reato particolarmente odioso. Un crimine sempre meno destinato all’impunità, in cui il carnefice, alla fine, sconta la pena che aveva inflitto alla vittima. Pena cui già si era sottoposto: tenere in ostaggio una persona è anche condividerne fisicamente la prigionia, prima di restare ostaggio di stizza, dolore e rimorso. Repubblica Genova 05/04/2014 tutti i diritti riservati
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