La parola chiave era "immedesimazione". Lo ripeté molte volte quella
mattina durante il suo intervento, annaffiando copiosamente il concetto
con esempi funzionali: "L'immigrato extracomunitario che magari mi
importuna offrendomi con troppa insistenza la sua povera mercanzia:
devo chiedermi: perché è qui? cosa l'ha spinto a fare questa vita? cosa
avrei fatto io al suo posto? cosa vorrei dagli altri, da chi sta meglio
di me?". "Il piccolo ruandese con l'intera famiglia annientata dalla
ferocia di una guerra tribale che seguo distratto al telegiornale: come
mi sentirei io nelle sue condizioni? come potrei sopportare la vita?
cosa pretenderei dal mondo?". "Lo scippatore minorenne che ha malmenato
un'anziana donna che cercava di trattenere la sua borsetta: cosa l'ha
ridotto così? come sarei stato io alla sua età se non avessi avuto
genitori attenti, la possibilità di studiare, modelli di vita positivi,
aspettative non irrealizzabili?". E poi di nuovo, come un funambolo,
dal concreto all'astratto: l'immedesimazione come atteggiamento
preliminare, come salutare esercizio di razionalità emotiva che precede
e favorisce la comprensione, la tolleranza, lo slancio verso l'altro.
All'uditorio, come sempre, estorceva un'attenzione commossa e
meravigliata: la sua mole massiccia, i suoi zigomi squadrati, le sue
braccia ingombranti che agitava goffamente come un mimo buffo o
incapace, erano riscattati da una voce morbida e gentile, alveo ideale
di quel flusso di parole.
Parole che prima che alla platea
arrivavano a lui, come se si ascoltasse parlare, man mano sedotto dal
proprio eloquio a un tempo prensile e sdrucciolevole. Era sempre così:
ogni volta doveva convincersi. Più che diffidare di sé e di ciò che
sosteneva, sapeva che le parole, il loro senso, persino il loro suono,
erano ricoperti da uno strato sottile di ambiguità. E il suo talento
naturale (o il suo mestiere consumato) stava nel nascondere a se stesso
e al pubblico quella scorza opaca. Nell'ingerire e far ingerire le sue
frasi senza sbucciarle, anzi: persuadendo lui e gli altri che la buccia
non c'era. O forse gustandone in segreto il sapore proibito. L'unico
filtro tra la sua persona e il suo ruolo era proprio quella fantasiosa
asciuttezza espositiva, che del resto oramai lo accompagnava sempre,
anche nella vita di tutti i giorni: nitidi concetti filosofici e
rigogliose parabole laiche erano lì, disponibili, estraibili, pure per
motivare alla moglie la scelta di un film d'autore o per commissionare
a Magda un particolareggiato servizio corporale. E adesso per resistere
all'inesorabile richiesta di autografo sgorgata da una studentessa
affascinata e struccata: "La prego, non si costruisca un vitello d'oro
con uno scarabocchio qualsiasi". Si compiacque per la perizia con cui
aveva vanitosamente ostentato la propria avversione a ogni forma di
idolatria. Sentirsi persuaso dalla brillante formulazione delle sue
idee lo tonificava. E lo consolava.
Raccolse gli appunti che
aveva ignorato con il solito orgoglioso puntiglio, li infilò nella
cartella di cuoio marrone, salutò con cordialità sincera il rettore,
strinse diverse mani, uscì dall'aula magna e poi dall'istituto. Si
rimirò davanti all'elegante vetrina di una bottiglieria, fiero di
riconoscersi. Stava per aprire la portiera della berlina metallizzata
quando sul marciapiede alla sua sinistra scorse una bambina rom
sommersa di sporcizia che con infantile accanimento chiedeva
l'elemosina a un signore sui cinquant'anni fasciato in un trench bianco
curiosamente identico al suo. L'uomo le urlò che aveva fretta
allontanandola di malo modo con una spinta stizzita per poi strofinarsi
le mani con un fazzoletto dai tenui colori pastello.
Si vide di
nuovo, più nitidamente, adagiandosi con voluttà in un'inerzia
avvolgente: osservare la scena e non intervenire fu un tutt'uno.
Mentre guidava veloce verso casa, abbordando con cattiveria le curve in
salita della collina residenziale sorvegliata dai cipressi, si ripeté
che la parola chiave era "immedesimazione".
"Scramble for Africa" (2003) di Yinka Shonibare, che veste i colonialisti con stoffe africane
da
l'Unità 17 Agosto 2009
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