Bersani a Sanremo. L'irresistibile fascino delle canzonette imbarazza la sinistra Pur non abitando distante, certo più vicino di chi è di Piacenza, non andrei mai all’Ariston per assistere al Festival di Sanremo. Per il Festival, che vedo in tv, non stravedo, e ancor meno mi esalto per i suoi derivati tossici (andrei al Festivalbar solo per prendere un Festivalaperitivo). Uscito da un’infanzia incantata in cui erano favolosi anche Nicola Di Bari e Donatello (non so più di dove), ho imboccato il tunnel della bamboccioneria che ti porta per decenni a guardare Sanremo per sghignazzare senza ritegno. Tunnel chilometrico ma non infinito: da un po’ guardo Sanremo nella speranza non sempre vana di ascoltare qualcosa di ascoltabile: indice di senescenza e dell’annesso buonismo. Status anagrafico-spirituale che mi porta a guardare con minore incomprensione Bersani che ha portato se stesso e figlia a gustare dal vivo la serata finale del Festival (taccio di Scajola, che è uomo di prima fila, nel senso di poltrona teatrale, e di primo piano, nel senso di ripresa televisiva, del governo del fare comparsate, e di Zoccarato, che è un effetto speciale). “Bersani al Festival!”: mentre, a notizia divulgata, esplodevano a mezzo agenzie gli attacchi automatici alla sinistra omologata al peggio dell’Italietta, ero ancora intento (come il segretario Pd?) a ripulirmi dagli schizzi di “élite di merda!” spruzzatici a reti unificate dal populistissimo Brunetta, a suggello di anni di invettive sui comunisti snob, da salotto e via stereotipando. Sì, l’assalto era ed è concentrico: accanto al fuoco amico, nemico e terzista sulla sinistra lontana dalla ggente, deflagrano da tempo colpi solidali, ostili e neutrali contro la sinistra berlusconizzata. Strali, questi ultimi, più rubricabili come legittima offesa: in effetti, il risotto di D’Alema a Porta a Porta o Fassino a C’è posta per te sapevano di resa incondizionata al format del Nemico Fardato. Ma Bersani all’Ariston è la stessa cosa? Per i papisti eretici del Secolo d’Italia sì, con annessa pena accessoria: “Tenetevi Sanremo e dateci i cantautori!” (quelli, appunto, iperraffinati del Tenco e della solita sinistra scatologicamente elitaria…). Sì al quadrato per Barenghi, corsivista “jena” della Stampa, un maestro nel fustigare, dalle colonne del quotidiano Fiat, la subalternità culturalmediatica dei compagni che scimmiottano, fra una sua ospitata e l’altra a Porta a Porta. Eppure, Sanremo - in sé - non sarebbe un format dell’era berlusconiana come Il Grande Fratello, Amici, la Gelmini e la politica (avan)spettacolo. Semmai lo è la sua recente riduzione, in deroga alla programmazione ordinaria, a Grande Evento televisivo da Protezione Civile Spa, la sua spalmatura molesta per i palinsesti che da mane a sera, in un obnubilante indotto catodico, si contendono brandelli della giacca di Pupo e lacerti della capigliatura di Cutugno. Ecco, forse Bersani è andato all’Ariston non per andare incontro al popolo (entità confusa e misteriosa), ma – da sincero appassionato – per andare incontro alle canzoni: chissà che, così da vicino, non se ne senta l’odore. "Certo che apprezzo Antonella Clerici: noi post-komunisti non siamo più anticlericali" Repubblica Genova 22/02/10 Tutti i diritti riservati |