L'ultima volta mi è successo con Francesco Cascini ospite di Augias alle Storie su Raitre. Narrava con ferma antiretorica la sua esperienza di magistrato di frontiera nelle terre brade della Locride. Un eroismo mite galleggiante nel mare di dileggio che copre i giudici. Ma mi capita spesso: quando seguo le parole limpide di Zagrebelsky, le frasi asciutte della Finocchiaro, il ragionare sottile di Rodotà, l'intelligenza pudica di Colombo, il dire preciso di Davigo, le tesi mai prevaricanti di Gentiloni e della Concia. Ogni volta avverto un ristoro dello spirito: mi fa bene ricevere quei segnali di civiltà. Poi mi arrivano le interruzioni moleste del non interlocutore di turno. Oppure mi immagino il frastuono di semplificazioni, offese e bugie berciate e reiterate prima e dopo. E ogni volta sento che la misura, la ragione e la verità sono destinate a soccombere. Vorrei non sentirlo più. Per la speranza, svoltare a sinistra l'Unità 29/03/10 Tutti i diritti riservati |