di Enzo Costa
Dopo la sospensione della Bergamini e l’autosospensione di Saccà,
l’avvincente storiaccia Raiset ci lascia col fiato sospeso grazie alle
succulente parole del protagonista: non tanto quelle da noi orecchiate via
Internet, quanto quelle da lui proferite in tivù: “In Rai si lavora solo se ti
prostituisci o se sei di sinistra”. Frase memorabile, foriera – per il
sottoscritto – di un interrogativo appassionante: e Riccardo Berti? Non mi
chiedo, battuta abusatissima, a quale delle due categorie egli appartenga
(sentenza che comunque lascio all’ideatore dell’aforisma). Mi limito a
riconsiderare la figura di quest’interessante personaggio. E lo faccio con la
chiave di lettura dell’aneddoto. Privato sì, ma al contempo pubblico. Mi
spiego: quando Berti (già consulente di Berlusconi), tenutario nel 2005 della
rubrica Batti e ribatti (irradiata da
Raiuno a mo’ di scolorina del Fatto
di Biagi con vivo apprezzamento di Berlusconi), intervistò Berlusconi, rimasi
colpito. Non solo dalle sue domande non proprio aggressive (“Presidente, qual è il suo bilancio?”, “Perché dovremmo votarla?”), ricordate
qualche settimana fa da Andrea Carugati sull'Unità. Non solo dalla licenza di
comizio torrenziale da lui concessa al Cavaliere, con tanto di epiteti
d’ordinanza contro la sinistra e gadget di buffi disegnini illustrativi delle
mirabolanti opere del governo. Mi colpì ancora di più un elemento: le sue
risposte chilometriche l’allora Premier - in quella puntata del 13 dicembre
2005 - dava proprio l’idea di leggerle. Su di un gobbo elettronico. La cosa mi
impressionò al punto che la resi pubblica mediante una lettera aperta a Berti
uscita il successivo 17 dicembre sull’Unità. Titolo: “Caro Berti, per favore mi
ribatta”. Eccone qualche brano: “Non solo
quello del Premier era un semi-monologo, ma - ne sono quasi certo - veniva
integralmente letto sull’apposito aggeggio utilizzato dai mezzibusti dei
telegiornali. Lo facevano intuire lo sguardo del Premier leggermente spostato
rispetto all’obiettivo della telecamera, il suo lieve ma percettibile oscillare
con gli occhi (…) da sinistra a
destra (viceversa per il teleutente), come di chi scorra un testo scritto
fingendo però di parlare a braccio (…) Insomma,
caro Dottor Berti, ho avuto la nitida sensazione che Lei avesse concesso al
capo del governo la facoltà di scriversi preventivamente le risposte da leggere
poi in onda, spacciandole per dichiarazioni all’impronta”. Così scrivevo il
17 dicembre 2005, chiedendo a Berti di rispondermi per un’eventuale,
documentata smentita. Che non arrivò. E non pervenne nemmeno dopo che, il 21
dicembre di quell’anno, gliela sollecitai nuovamente, ribadendo il concetto in
un commento sull’Unità intitolato “Caro Berti ti (ri)scrivo”. Per due volte,
Berti tacque. La cosa mi parve strana: avevo avanzato l’ipotesi poco benevola,
ma suffragata dalle immagini televisive, che l’intervista in questione non
fosse semplicemente deferente: ma proprio taroccata. Così preparata che si era
concordato con l’illustre intervistato di fargli leggere le risposte (quindi
fornendogli le domande ben prima della registrazione), per di più facendo
ingannevolmente credere al pubblico che stesse parlando a braccio. Una vera e
propria combutta mediatico-politica. Davanti a quel mio malfidato ma
argomentato pensiero - pubblicamente esternato per iscritto - Berti, ripeto,
non mi rispose: né per ammettere, né per smentire. Fece finta di niente, come
per non dare nell'occhio. Curioso, vero? Visto il quadro vergognoso emerso
dalle intercettazioni, posso intuire perché. (Va da sé che se invece il buon
Berti volesse rispondermi oggi, chiarendo come andarono le cose, ne sarei ben
felice).
da L'Unità, 28 dicembre 2007
Tutti i diritti riservati |