COSI' PARLO' IL CAIMANO
QUAND'ERA PIGLIATUTTO
di Enzo Costa
Leggete qua: “La nuova casa degli italiani potrà scegliere i propri protagonisti, senza nascere con un leader prestabilito, e scegliere poi con metodo democratico chi dovrà salire alle varie cariche dello Stato, alla presidenza della Repubblica, alla presidenza del Consiglio, alla presidenza della Camera, del Senato, ai singoli ministeri. Tutto ciò potrebbe avvenire democraticamente e sarei felicissimo se potessi restare nella storia del nostro Paese per aver raggiunto questo risultato” (29/5/2005). E ancora, precedentemente, sempre sullo stesso tema: “C’è la presidenza del partito, la segreteria politica, la candidatura a presidente del Consiglio, c’è, vincendo, la carica della presidenza della Repubblica. C’è gloria e onore per tutti” (20/5/2005). Letto? Fatto mente locale? Identificato il soggetto monologante? Per i pigri e gli smemorati, fornisco la soluzione: trattasi di Silvio Berlusconi, più o meno un anno fa, quando – nelle vesti di capo di un governo annaspante e leader di una coalizione traballante – per non darsi spacciato tentava disperatamente di rilanciare spacciando la proposta-bufala del partito unico di centrodestra. Mossa azzardata e di lì a poco affondata, ma sul momento sparata con effetti speciali catodici, debitamente confezionati dagli artificieri Raiset, e soprattutto corredata di un’allettante offerta speciale: più posti per tutti. Eccolo, l’attuale indignato capo dell’opposizione strenuo denunciatore dell’occupazione comunista delle istituzioni, che 365 giorni or sono - da leader di maggioranza e dell’esecutivo - arringava gli adepti centrodestrorsi: forza, venite, gente! Grazie all’imminente partito unico ci saranno poltrone a volontà, partitiche ed istituzionali: un’unica fila di sedili azzurri (o di qualsivoglia tinta unitaria) che parte da Palazzo Chigi, raggiunge Palazzo Madama, tocca Montecitorio e si inerpica al Quirinale. Tracce di scrupoli super partes? Nessuna. Segnali di un minimo intento di scelta bipartisan? Neppure a cercarli col microscopio. Avvisi di una qualche subordinata all’ipotesi principale “pigliatutto”, del tipo “Se però, pur vincendo, le urne daranno un paese spaccato a metà, allora dovremo accordarci con l’opposizione almeno per la presidenza della Repubblica”? Neanche per idea. Al contrario, l’orgoglio monopartisan della propria autosufficiente onnipotenza: se mi riuscirà l’impresa, “sarei felicissimo se potessi restare nella storia del nostro Paese” (29/5/2005); se piazzerò i miei uomini dappertutto, “ci sarà gloria e onore per tutti” (20/5/2005). E ancora, in ragione di ciò, qualche timido cenno di dissenso dagli alleati “moderati”, qualche pur leggera obiezione di un istituzionale Casini che – parimenti alla sua successiva levata di scudi per un eventuale D’Alema al Quirinale – deplorava sottovoce la volontà partigiana di imporre un berlusconiano unitario sul Colle? Nemmeno a cercarli col lanternino. E, in allegato, qualche vaga critica preventiva di un opinionista sedicente liberale, di un terzista patentato, di un Ferrara più o meno inalberato, a quell’annuncio fieramente categorico di occupazione di tutte quante le istituzioni? Non pervenuta. L’allora Premier, forte di quattro anni di leggi ad personam e Costituzione sfigurata a maggioranza, e in procinto di deformare a piacimento la legge elettorale, aveva licenza di progettare senza obiezioni di sorta l’assalto ad ogni carica, con Camera, Senato e presidenza della Repubblica esplicitamente configurati come posti-premio da assegnare ai membri della propria aggregazione unitaria, da far nascere anche per questo. Così come, del resto, nel ’94 e nel 2001, la Pivetti, Scognamiglio e poi Casini e Pera vennero nominati a colpi di maggioranza (Scognamiglio con l’aiutino all’epoca non scandaloso di transfughi popolar-segniani e senatori a vita), con l’unico onere di dover far buon viso a Presidente Scalfaro trovato e a Presidente Ciampi concordato. Il copyright delle cariche auto-attribuite è di colui che adesso – tra un’accusa di broglio e l’altra ai vincitori delle elezioni – bercia al regime bolscevico additando quel famigerato estremista rosso di Napolitano (sostenuto pure dai noti sovversivi Follini e Tabacci). Copyright che egli stesso, un anno fa, pensava orgogliosamente di rinnovare preannunciando urbi et orbi l’imminente distribuzione delle poltrone supreme tra gli eletti del nascente partito unico. Il coccodrillo, o Caimano che dir si voglia, versa lacrime dopo avere sbranato le proprie prede. Oppure, come in questo caso, dopo aver vanamente progettato di sbranarle.
Il Presidente chansonnier in "Lacrime Napulitane"
L'Unità 31/05/2006 Tutti i diritti riservati
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