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Io sto con Carofiglio: con il richiamo, espresso su Repubblica dallo scrittore senatore del Pd, ad un uso consapevole del linguaggio. Vige l’adulterazione delle parole: oggi “odio” e “amore”. Durante la vicenda Englaro “vita”, che macchiava di “morte” quanti non volevano un crudele accanimento. Più che “abbassare i toni” (espressione all’ingrosso) urge calibrare i contenuti, e smascherare i manipolatori di significati: far capire che definire “mandante morale” di un’aggressione chi fa solo informazione, è un insulto all’italiano. E l’approssimazione lessicale fa il gioco di chi sgoverna: certe frasi di Di Pietro sono dopate come quelle di chi lo attacca, che però ha i mezzi catodici per reiterarle. Se non si argomenta, si svilisce il pensiero, e vince chi controlla l’etere. Una volta ho visto in tv Carofiglio che rimarcava come il leghista Gentilini dicesse “i” zingari. Aveva dimostrato con le parole che il razzismo è anche frutto di ignoranza. Ma per certe teste ci vorrebbe il Vocabolario della Segatura :-( l'Unità 11/01/10 |