CARO BENIGNI, FATTI UN PANFILO ovvero: Benigni ci sta sul gozzo (Piccolo) diavolo d'un Benigni: tu ci disilludi! Un allettante titolo del Corriere, "Sequestrata la barca di Benigni", ci conforta, a noi dell'autofustigante popolo di sinistra, nello sconfortante stereotipo di successo (spacciato dalla destra e recepito dalla sinistra) della "sinistra dei salotti", "con le scarpe da nababbi", "radical-chic", "lontana dalla ggente", "lontanissima dal poppolo", e via luogocomunando sui comunisti con evve moscia e cavta di cvedito. Quella comodissima leggenda metropolitana utilissima per spiegarci le ragioni della sconfitta: "Ecco perché si perde: siamo ricchi sfondati e griffati!". Spiegazione pratica confermata, per l'appunto, dal titolo del Corsera: "Vedi che pure Roberto c'ha la barca?". E, lì per lì, t'immagini un megayacht faraonico, con tanto di ciurma in divisa griffatissima, magari comprendente anche una dozzina di mozzi extracomunitari irregolari (la famigerata sinistra buonista che predica bene per sfruttare meglio): chissà, viene da pensare alimentando il cliché, la "barca" megagalattica l'avranno sequestrata proprio per l'abuso comunista di manodopera clandestina. Neppure il tempo di sentirti rassicurato, e l'occhiello del Corriere, come l'articoletto sottostante, ti delude amaramente: la "barca" di Benigni è - in realtà - un gozzo in legno di sette metri. Sotto sequestro alla Maddalena, insieme ad altri natanti, per ormeggio abusivo. Infrazione banale, da comune mortale, adeguata alla natura dell'imbarcazione benignesca: duro ammetterlo, ma è così: l'uomo icona del Regime di Sinistra, così potente da tenere in braccio Berlinguer, soggiogare l'Academy Award e rianimare Dante Alighieri, solca i mari a bordo di un miserrimo sette metri! Un gozzo che, a noi dell'autofustigante popolo di sinistra, ci sta sul gozzo: dunque, nemmeno la consolazione della spiegazione usa-e-getta della sinistra di yacht e d'opposizione: gli yacht veri, come il governo, sono solo di destra. E hanno nomi consoni a chi li possiede: "Besame", il ventisette metri da marina da sera di Marina Berlusconi. O "Sueno", il motoscafo da sogno di Piersilvio Berlusconi. O "Principessa Vai Via", il veliero stellare che papà Silvio ha venduto al fido Doris, dopo estati straglamour sulla tolda del "Barbarossa" di Previti, per poi rilevare dal nababbissimo Murdoch il superyacht "Morning Glory", un due alberi di quarantotto metri con caminetto (agghindato da antenna satellitare?), in procinto di essere ribattezzato "Night and Day Glory", per meglio rimarcare la natura imperitura della gloria del fardato proprietario. Barche, queste sì, con nomi e stazze di puro Potere. Pronte a violare il codice della navigazione con infrazioni esclusive per vip (da sanare con apposito lodo Alfano navale), Il gozzo di Benigni (come si chiamerà? "Vorrei ma non gozzo"?), invece, profuma di normalità. Un po' come l'immagine di Veltroni con l'ombrellone sulla spiaggia di Sabaudia. Magari Libero, che ne aveva irriso la presunta sfigataggine battezzandolo elegantemente "Velt-rom", ora dipingerà beffardamente Roberto come un Fantozzi dei mari: adesso, alla sinistra, è trendy dare della poveraccia. Per rinfacciarle di frequentare i salotti si aspetta la prossima campagna elettorale. da L'Unità, 9 Agosto 2008
LA
RUSSA E L’ESERCITO DELLA (NOSTRA) SALVEZZA Che delusione! Che destra di mammolette! Che imbelli di berlusconidi! Eppure il ministro La Russa, passando marzialmente in rassegna le truppe di cielo, di terra e di mare aggregate a poliziotti e carabinieri, le aveva tuonate chiare: chi si opponeva alla militarizzazione delle città, era un patetico sessantottino. Un pacifista con pancetta. Un panciafichista a tempo scadutissimo. Duole dirlo, ma erano parole. Chiacchiere da salotto. Balle borghesi. Cortine fumogene parolaie che malcelavano la natura parlamentar-pantofolaia dell'operazione, resa evidente dall'incontrovertibile realtà dei numeri: cosa sono tremila soldati disseminati per tutto lo Stivale? Un'inezia, se pur in tuta mimetica. Una nullità, per quanto in divisa. Una quisquilia, benché in assetto di guerra. Le maglie della rete militare provvidenzialmente (in teoria) gettata sul Bel Paese per catturare le orde di criminali micro e macro che vi sguazzano, sono desolatamente larghe. Troppo pochi soldati per troppe vie, piazze e tangenziali: non oso pensare a quanti tratti stradali resteranno non presidiati, a quanti vicoli saranno sgombri di brigate alpine, a quante traverse risulteranno spoglie di posti di blocco da parte di uomini muniti di paracadute. E se mi scappa e ci penso, inorridisco dallo sgomento: migliaia, milioni di zone a traffico limitato, vie provinciali, piazzette rionali, piazzali metropolitani senza l'ombra di una mitraglia in mano ad un sottotenente. Da schiantare dalla paura. Da svenire dal terrore. Da morire dall'insicurezza. Mi pare già di vederli, feroci scippatori e sanguinari borseggiatori, taglierino in una mano e Tuttocittà nell'altra, aggirarsi tranquilli per questa e quella viuzza non occupata dalle truppe, pronti a colpire certi di un'impunità per le loro basse azioni che nemmeno il lodo Alfano per le alte cariche. Un'operazione (militare) di facciata. Come dimostra, oltre che la quantità delle forze impiegate, la qualità delle loro attività: per dire, nulla è stato predisposto per l'intervento dalla costa. Per le pattuglie da sbarco. Io, che abito in una città di mare, so - per esempio - che a volte i campi rom non autorizzati sorgono non distante dagli arenili. Perché, mi domando, il cannoneggiante (a parole) La Russa non ha pianificato, a ridosso della battigia, l'inabissamento di appositi sottomarini nucleari pronti, in caso di edificazione di baracche abusive di rom e sinti, a raderle al suolo mediante intelligentissimi siluri atomici sparati dai limitrofi fondali sabbiosi? "Rapidi ed invisibili / tornano i sommergibili!", cantava una fulgida melodia del Ventennio. Quel borghese, parolaio, pacifista, panciafichista di La Russa se ne è scordato. Al più, come documenta "Blob", canta Battisti da Bruno Vespa insieme a quella comunista della Parietti. E a noi, poveri italiani in balia del Crimine, chi ci pensa? Presidio presso le scuole (con tutti quei pericolosi bimbi extracomunitari..) da L'Unità, 8 Agosto 2008
IL TAMTAM DI PRODI “Il tamtam
di Prodi”: diceva così, il ministro La Russa, mercoledì 30 luglio a Primo
Piano su Raitre. O meglio, sogghignava così, per spiegare natura, cause e
ragioni profonde dell’incremento di sbarchi di immigrati sulle coste italiane
nel primo semestre del 2008: “Il tamtam di Prodi”. L’appassionato argomentare
del democratico Minniti, suo avversario di dibattito, nulla poteva di fronte a
quella lapidaria formuletta, che il ministro – come ogni berlusconide da
talkshow – reiterava a tormentone. Reiterava, ribadisco, condendola mimicamente
con quel sogghigno larussiano tanto inconfondibile quanto disagevole da rendere
a parole: una sorta di mefistofelica soavità, una letizia luciferina tipica di
colui che – mentre inchioda sprezzante il nemico alle proprie irredimibili
colpe, quasi sibilandogli “benvenuto nel tuo meritato inferno” – distilla con
una porzione dello sguardo ed una piega della bocca qualche goccia di tenerezza
per il teleutente, quasi sussurrandogli “tranquillo, a te, accalappiato con le
cattive il cattivo, garantisco il paradiso”. “Il tamtam di Prodi”, dunque,
all’origine di tutto il Male: se i clandestini non solo arrivano, ma aumentano,
è perché a calamitarli verso di noi è l’eco di un governo oramai defunto: come
dal pianeta terra capita di scorgere la luce di stelle in realtà già estinte,
così – sogghignava dolcemente il ministro – fino nell’Africa più nera perveniva
ancora il richiamo ancestrale (“tamtam”, parola forse non casuale) di un
esecutivo italiano morto e sepolto. Lampedusa come approdo fuori tempo massimo
di extracomunitari disinformati attirati dal buonismo prodiano scaduto:
rischiano la morte di stenti o per naufragio e si intruppano nei Cpt, perché
non aggiornati con le news: credono che all’Interno ci sia ancora quel
mollaccione di Amato e non quel padano di ferro di Maroni, non sanno che
l’esercito non è più allo sbando sotto l’imbelle Parisi ma agli ordini
categorici di lui, il seraficamente sogghignante La Russa. Una tragedia
epocale che non guarda in faccia alla politichetta italica (gli esodi disperati
di uomini, donne e bambini in balia di guerra, fame, miseria e trafficanti),
ridotta a farsa propagandistica: se non fosse una cosa drammaticamente seria,
ci sarebbe da ridere. Magari prendendo sul serio la “spiegazione” di La Russa:
se per i migranti oggi c’è ancora il governo Prodi col suo invitante “tamtam”,
come mai nel 2006 – fin già dai primi mesi del medesimo governo Prodi – gli
sbarchi a Lampedusa venivano imputati dall’allora opposizione di destra allo
stesso governo Prodi? All’epoca non giungeva, sulle coste libiche e
nell’entroterra africano, il respingente “tamtam di Berlusconi”, che aveva
governato fino a poco prima (e per ben cinque anni) con la durissima legge
Bossi-Fini (fra l’altro restata in vigore con il governo dell’Unione)? Nel 2006
i clandestini usufruivano di notiziari più freschi? C’è solo
da augurarsi che, la sera di mercoledì 30 luglio 2008, i potenziali migranti
fossero tutti sintonizzati su Primo Piano. Sì, sarà andata così: in
procinto di attraversare il deserto, mercé un’antenna provvidenzialmente
rivolta verso i ripetitori di Raitre, hanno captato l’ultrarespingente tamtam
del sogghignante ministro. E, all’unanimità, hanno rinviato il viaggio al
prossimo governo di centrosinistra. Il tamtam di La Russa da L'Unità, 2 Agosto 2008 Tutti i diritti riservati |