CHIARI DI LUNEDI'

 

 

GIUSTIZIA E BROGLI

 

 

QUESTO LINGUAGGIO NON MI E' NUOVO

 

 

 di Enzo Costa

 

 

 

“È una giustizia ad orologeria”; “Non parlerò di brogli”; “È una sentenza politica”: a poco più di un anno dall’ingloriosa caduta del governo di Papi, risuonano in rapida sequenza tre frasi tipiche del suo eterno repertorio. Solo la seconda non è un copia-incolla del copione del fu Premier, ma una sua libera trasposizione: non si accusa in modo esplicito il nemico di frodi elettorali (come faceva e farà, appena risorto, il Cavaliere fardato), ma – citando preventivamente brogli con l’artificio retorico di escluderli – li si evoca. Colpisce che la summa concettuale dell’Utilizzatore Finale (leggi “i suoi jingle pubblicitari”) venga rilanciata mediaticamente ora che il medesimo annaspa in tali difficoltà politico-comunicazionali da dover rinviare la presentazione del libro di Vespa: rispolverarne i mantra è come rianimarlo, in curiosa concomitanza col suo minacciare Monti a sondaggi disarmati. E colpisce ancora di più che a scandire in favore di taccuini e telecamere le suddette frasette siano stati, nell’ordine, Alberto Perino (leader No-Tav), Matteo Renzi (candidato alle primarie del centrosinistra) e Antonio Ingroia (ex procuratore aggiunto di Palermo): tre uomini pubblici fra loro differenti, ma tutti culturalmente distanti da Silvio. Almeno in apparenza: se un avversario dell’alta velocità ferroviaria contesta un provvedimento giudiziario mimando linguisticamente Lui, se un aspirante Premier democratico di una sedicente nuova politica si ispira (anche solo vagamente e inconsciamente) ai polveroni sollevati da Lui, se un magistrato squalifica una sentenza della Consulta con le parole sparate da sempre da Lui, significa che – in realtà – Lui era ed è l’espressione di qualcosa di più esteso e più radicato in noi. Auguri a Bersani, non lo aspetta un’impresa facile.

  l'Unità 10/12/12

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