CHIARI DI LUNEDI': EX CLASSICI DI STAGIONE:
ROTONDI
E LE ROSE CHE NON COLSE da l'Unità 27/08/12
Scusate, ma mi manca Gianfranco Rotondi. Per me, di questa stagione, era
un classico, come i picnic ad alta quota, l’eco dei campanacci negli
alpeggi, il fuggire curioso delle marmotte fischianti. Rincasavo dopo
fresche giornate alpine e, all’imbrunire, l’immancabile tg d’agosto, fra
un grande esodo e un caldo record, mi offriva l’imprescindibile
servizio politico, debitamente servizievole, su questo e quel ministro
minore, su questo o quel sottosegretario ignoto, più a portata di
microfono dei politici vip partiti per i loro resort esclusivi. Era il
tempo di Rotondi. Faceva capolino col suo capoccione, spesso incastonato
in un lussureggiante roseto che pareva fiorito per lui, fiero di quello
scenario botanico così come dell’occasione vacanziera che gli regalava
una visibilità altrimenti rara. Grondava la solita sornionaggine
campana, ma lì, in quel contesto di ferie abbronzate, in quel panorama
politico-naturalistico, riluceva di nuovo fulgore. Come dicesse:
d’accordo, in autunno/inverno/primavera quasi non esisto, ma ora eccomi
qui, a dire la mia alla Nazione, e a dirla con tutti i comfort
vacanzieri da vacanti ministri vip. Perché anche lui, lo ricordo, era
ministro, anche se come tutti voi (e forse anche lui) non ricordo più di
cosa. Forse dei Rapporti col Parlamento, forse delle Rotture col
Condominio, forse all’Attuazione del Programma, forse alla
Programmazione dell’Atto: in fondo, non importa. Né, suppongo, a lui
importava molto: gli importava essere lì, a dirci col solleone che il
Premier Papi era vivo e governava come non mai. Ora Rotondi non si vede
quasi più: l’altra sera è apparso per un decimo di secondo in un pastone
di dichiarazioni sull’Ilva. Ma in un’immagine d’archivio, forse
invernale. Mi sono intristito. E magari le rose sono appassite.
CHIARI DI LUNEDI': GIOCHINO DELL’ESTATE:
DOPO LA MINETTI, CHI CONDURRÀ COSA? da l'Unità 20/08/12
Suggestive ma troppo scontate, le voci che settimane fa davano Nicole
Minetti ricompensata dall’uscita dal consiglio regionale lombardo con
l’ingresso in una trasmissione epocale Mediaset: Uomini e Donne. E qui
davvero la suggestione è al top, essendo l’esponente del listino
Formigoni reduce dalla conduzione di un analogo format allestito senza
telecamere (al più, con qualche ripresa dei cellulari) sul set della
Villa di Arcore: Uomo e Donne (titolo eufemistico che edulcora il più
esplicito Papi e Olgettine). Eppure, dicevo, l’ipotesi suona ovvia e
quindi improbabile, considerata la spiazzante fantasia dell’Uomo,
meglio, del Papi, nell’attribuzione di ruoli: uno che ha messo Ferrara
ai rapporti col Parlamento, Bossi alle Riforme, Calderoli alla
Semplificazione e la Gelmini all’Istruzione, non è proprio uno
specialista nell’assegnare posti in base alle competenze. Meglio
prendere le voci (poco) fantasiose sulla nuova carriera catodica
dell’illustre igienista dentale come spunto per uno sfizioso giochino
dell’estate: “Cosa potrebbero condurre?”. Dove il Cavaliere potrebbe
piazzare altri collaboratori e/o sottoposti politici che ora per Lui,
bramoso di rifarsi la faccia (al di là dell’ineluttabile nuovo lifting),
sono imbarazzanti? Di Scilipoti si potrebbe sbarazzare affidandogli la
conduzione di Scherzi a parte, variante televisiva molto meno surreale
delle sue assurde avventure politiche, dalla candidatura con Di Pietro
al controllo assoluto della maggioranza parlamentare in Italia.
Cicchitto potrebbe approdare ai Cesaroni nel ruolo di amministratore di
condominio ciociaro, lamentoso e noioso. Dell’Utri potrebbe condurre Chi
vuol essere milionario?, in una nuova versione: i milioni non li
vincono i concorrenti, ma il conduttore. E paga Papi.
CHIARI DI LUNEDI': IL TRAGICO, SPAVENTOSO RITORNO
DEI POLITICI SOPRAVVIVENTI da l'Unità 13/08/12
E se Lui facesse tendenza?
Se il fu Premier Papi, che
annuncia-minaccia-smentisce-conferma di ridiscendere in campo alla guida
di un “nuovo” partito, ispirasse altri politici più o meno scaduti a
riesumarsi dalle macerie della Seconda Repubblica, o dalle ceneri della
Prima, per capeggiare inedite e riedite forze politiche ad personam,
liste ciniche usate di zecca, movimenti fiammanti e putrescenti? Ne
vedremmo delle terrificanti. Provo a immaginarle: ammesso e non concesso
(causa smentite poi smentite) che Silvio fondi “Grande Italia” con
simbolo un tenero aquilone tricolore, facile che Bossi guidi “Mini
Padania”, partito che lotta per la secessione di Gemonio dalla Lombardia
centralista dei barbari sognanti e per il bombardamento a tappeto di
Varese. Simbolo, un magico dito medio verde. Probabile la riapparizione
di Sandro Bondi, come leader di un nuovo movimento (franoso) che ne
evochi le antiche prodezze ministeriali con un nome che è tutto un
programma: “Forza Pompei”. Simbolo, il vuoto assoluto (una proiezione di
quanto rimarrebbe dell’antica città). Come battute sono facili e
ingenerose, però non aggiungo “Il ritorno del Bondi vivente”. Poi, altri
due ritorni eccellenti: Brunetta, a capo di un partito che ne celebra
la memorabile alacrità anti-fannulloni: “Lista sfRenato” (simbolo, un
simpatico tornello con filo spinato). Cirino Pomicino, segretario della
“Dc”, Democrazia cencelliana, che postula l’obbligatorietà per legge
delle correnti, idea parzialmente condivisa dalla corrente di Forlani,
parzialmente avversata dalla corrente di Andreotti, consensualmente
combattuta dalla corrente di Scelba e ferocemente appoggiata dalla
corrente di De Gasperi. Simbolo, una croce su cui campeggia il numero
220 (la corrente, in volt).
CHIARI DI LUNEDI': LO SPREAD, I CITTADINI, MARIO DRAGHI
E I MERCATI DA LEGARE da l'Unità 06/08/12
Parecchi spread fa, ho scritto queste rime bacate intitolate “Piazza
Deliri”: “Si dimenano di botto / fra scenate e gesti estremi / ogni
freno in loro è rotto / e saltati son gli schemi / quel che è sopra
metton sotto / crean casini crean problemi. / Una cosa io ho dedotto: / i
mercati sono scemi”. La qualità poetica è direttamente proporzionale
alla mia competenza economica: entrambe si declinano in forma di
sgomento più o meno ironico davanti al per me misterico fenomeno
dell’oscillare isterico delle borse. Sì, perché al netto di tutte le
sacrosante ovvietà pronunciabili sull’attuale tsunami capitalistico (la
finanza di carta che vessa l’economia concreta, la speculazione che
soggioga la politica, le banche e i banchieri che umiliano il lavoro e i
lavoratori), nel fenomeno resta – al di là del profitto facile,
virtuale e globale – un grumo irrazionale insondabile, a partire dal
linguaggio che lo narra: perché, per dire, oggi le borse sono tutte
risalite mentre ieri erano tutte precipitate? “Un rimbalzo tecnico”. Non
so cosa significhi, ma suona suggestivo. Forse è un sinonimo aulico di
schizofrenia. E com’è che dopo settimane di indici e differenziali da
eurofallimento, basta che Mario Draghi dichiari “Siamo pronti a tutto
per salvare l’euro” perché i mercati si ringalluzziscano? La risposta
sarà mica nell’ultimo dei miei succitati versi? Se Draghi quel giorno
fosse stato afono, a quest’ora saremmo in pieno default? La sana
emotività delle persone impaurite e impoverite dalla crisi è nulla
davanti al panico malsano dei mercati, ed alla scienza inesatta dei
mercatologi: prima ci spiegano che il fondo anti-spread è la panacea di
tutti i mercati, poi – a borse sprofondate – che era un bluff malcelato.
L’unica è sperare che Draghi, almeno, tossisca.
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