Almeno al Tg3, ogni tanto, davanti ci mettono “cosiddetta”. Ma si tratta di un’eccezione, e non sistematica. Invece negli altri telegiornali e nei talkshow estivi risuona nuda e cruda, senza aggettivi che ne chiariscano la natura semantica di parte, senza qualificazioni che ne indichino l’utilizzatore lessicale iniziale, senza virgolettati. Lei, l’ “agibilità politica”, si è imposta nella comunicazione mediatica - in primis televisiva - di questa stagione in virtù del suo venire spacciata a ciclo continuo in purezza, venduta cioè come espressione oggettiva, neutra, che definisce con precisione scientifica una specifica condizione. L’opposto della verità, giacché “agibilità politica”, nell’accezione che circola, è un caso esemplare di contraffazione linguistica. Un pietoso o meglio spietato eufemismo interessato che maschera il vero senso della locuzione che è, molto semplicemente, “impunità”. Quella bramata dal fu Premier Papi dopo la sentenza della Cassazione che ne ha sancito la condanna definitiva per frode fiscale. Ora, che Lui e sottoposti si impegnino in un’opera di adulterazione del linguaggio non è una sorpresa né una novità. Da “Forza Italia” in poi, siamo a vent’anni di parole e significati manipolati (col ritorno a “Forza Italia” che chiude il cerchio delle sofisticazioni). E non stupisce neppure vedere i media da Lui posseduti o controllati intonare il tormentone mistificatorio. Ma avvilisce scorgere nel coro anche tiggì (abbastanza) indipendenti, cronisti non asserviti, titolisti non a Suo libro paga: se Lui & compari, invece di “agibilità politica”, l’avessero chiamata “ciccipaccia democratica”, oggi anche loro ripeterebbero “ciccipaccia democratica”. Il conformismo inconsapevole e la sciatteria sono più nocivi del servilismo deliberato.