Poiché di cinema si parla molto, pure troppo, ne parlo anch’io. Ma
non di un film che ho visto: di molti film che mi piacerebbe vedere.
Un film italiano che vince l’Oscar, e a molti piace, ad altri non piace,
ma su Facebook in quei giorni si parla solo di cucina, bricolage e
filatelia.
Un film su una piccola, linda, insospettabile cittadina di provincia
americana che, dietro un’apparenza di normalità e tranquillità, è
davvero normale e tranquilla.
Un film di Michael Moore che racconta di un George W Bush
intelligentissimo, di manager di Wall Street filantropi, della
potentissima lobby dei disarmati. In altre parole, Michael Moore che
esordisce nella fantascienza.
Un film d’azione, o fantasy, o d’azione-fantasy, il cui trailer non sia
costituito da un montaggio insulso e frenetico nel quale ogni
brevissima, incomprensibile scena è legata all’altra da suoni e rumori
standard tipo SSSSSSSSSSCCCCCCCCCCCC, oppure FFFFFFFFFFFRRRRRRRRR, o
anche ZZZZZZZZZZZZDDDDDDDDDDDDDD, ma da qualche dialogo compiuto
con soggetto, predicato verbale e complemento oggetto. Poi magari,
invece, il film vero e proprio è fatto solo dei suoni e rumori standard
di cui sopra, ma tanto io non vado a vederlo.
Un film su una rimpatriata tra ex compagni di liceo che si ritrovano per
un pranzo dopo vent’anni e scoprono che sono quasi uguali a vent’anni
prima, nessuno che sia fisicamente irriconoscibile o disilluso o
fallito. A parte una signora, non identificata e triste perché ha
sbagliato pranzo, non avendo tra l’altro nemmeno fatto il liceo.
Un film che invece di sesso esplicito mostra sesso implicito:
eroticissima la scena in cui lei unisce i punti dall’1 al 76 della
Settimana Enigmistica.
Un film dei soliti idioti che però sorprende, pur se parzialmente. Nel senso che è insolito.
Un film di David Lynch che si capisce, e quindi è il più misterioso ed inquietante dei suoi.
Un film trash degli anni ’70 che però – rivisto oggi – fa ancora più schifo.
Un film sulla crisi dei registi quarantacinquenni che, dopo i film
autobiografico-generazionali sulla crisi dei trentenni e sulla crisi dei
quarantenni, meditano di truffare l’anagrafe invecchiandosi di cinque
anni per poter girare un film sulla crisi dei cinquantenni.
Un film di Dario Argento ma con un imprevedibile, zuccherosissimo happy
end: fanno a pezzi sua figlia, ma in modo così realistico da rendere
inverosimile una sua riapparizione in un film successivo.
Un film eretico di Mel Gibson: con Gesù anemico.
Un film di Natale ritirato dalle sale a Santo Stefano.
Un altro film di Natale, però con regista, attori, dialoghi e sceneggiatura.
Un film indipendente, a budget ridottissimo, di un regista esordiente,
con attori semidilettanti, uscito su Internet, che è il caso
cinematografico dell’anno perché malgrado tutto ciò - una volta tanto - è
bello.
Un film pieno di effetti speciali, tutti inutili tranne uno,
interattivo: premi un tasto e il film sparisce magicamente dallo
schermo.
Un film che all’anteprima per i critici riceve ventiquattro minuti di
applausi e sette standing ovation di cui la prima già ai titoli di
testa, ma il regista – esattamente come quella volta in cui invece
l’avevano fischiato – dichiara “Non mi importa il parere della critica,
per me conta solo il responso del pubblico”.
Un film di Tinto Brass, ma apocrifo (troppi cappotti).
Un film che ha fatto scandalo per via di scene di inaudita intelligenza.
Un film che, invece di affrontare un tema di scottante attualità, affronta un tema di agghiacciante imprevedibilità.
Un film che ha vinto questo o quel Festival, e che però, dopo questo o
quel Festival, quando arriva nelle sale piace anche ad almeno un non
componente della giuria.
Un film comico con battute migliori della battutaccia populistica sul film precedente.
Un film comico di Checco Zalone che prevede già nella sceneggiatura il
dibattito mediatico sui motivi del successo del film comico di Checco
Zalone.
Un film sul dramma del precariato con una trama non troppo precaria.
Un film che in realtà è un documentario sulla moda dilagante di fare film che in realtà sono documentari.
Un film con un finale migliore di questo (e almeno questa, convengo, non è una pretesa impossibile).
da MALUMORISMI l'Unità 17/04/14 Tutti
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