S’io fossi
Walter, continuerei così. Come ha fatto fin dai suoi primi interventi pubblici,
nelle piazze, nei teatri e in tivù, seguiterei ad usare l’espressione “correre
liberi” e non “da soli”. E proseguirei a utilizzare un linguaggio semplice ma
non semplicistico, capace di parlare alle persone senza mai trascurarne ansie e
paure ma al tempo stesso senza mai vellicarle, trasmettendo una visione del
futuro che però non rimuova le difficoltà del presente ma le faccia sentire
condivise e superabili. Ma, s’io fossi Walter, userei anche qualche accortezza
comunicazionale in più: innanzitutto, non avrei timori ad essere ripetitivo e
comparativo, specie in televisione. Non scorderei che l’elettorato è costituito
anche e soprattutto da persone che leggono poco o nulla, e si formano un’idea
attraverso il video (sappiamo, tra l’altro, controllato in gran parte da chi):
come purtroppo insegna la destra, che questo tipo di elettorato ha plasmato,
davanti a teleutenti spesso distratti e smemorati, occorre dire e ribadire,
scandire più volte, in ogni occasione, i concetti o le proposte che si vogliono
fare arrivare: i berlusconidi questo – spesso e volentieri – lo praticano con
le loro bufale propagandistiche. Tanto più giusto e utile farlo con la verità.
Per esempio: il Pd ha deciso di non candidare chi è stato condannato o è sotto
processo per gravi reati (mafia, corruzione, concussione): un’idea forte, in
grado di colpire molti cittadini, a patto che la si sottolinei a dovere. E
invece, dopo l’annuncio iniziale di qualche settimana fa, non viene più
rimarcata. Eppure, aveva messo in imbarazzo la destra, tanto che il buon Bondi
si era affrettato a diramare un’affannata direttiva ai coordinatori regionali
affinché provvedessero a fare altrettanto, salvo i casi di conclamati “processi
politici”. Postilla risibilissima, quest’ultima, e da additare tuttora, ma
ancora di più andrebbe fatto notare come la direttiva bondiana sia stata
disattesa, ben al di là di ogni possibile estensione del concetto di “processo
politico”. Eccole, la ripetizione e la comparazione che praticherei: ad ogni
mia partecipazione ad un talkshow elettorale, premetterei alla risposta a
qualunque domanda iniziale, questa dichiarazione: “Vorrei ricordare agli
elettori che noi del Partito Democratico non candidiamo condannati o processati
per mafia, corruzione e concussione, mentre il Popolo della Libertà – che
subito aveva assicurato di fare altrettanto – non lo ha fatto”. Lo direi e lo
ridirei, s’io fossi Walter (o qualsiasi candidato del Pd). Sarebbe giusto.
Sarebbe utile. E poi,
aiuterei chi mi segue da casa a fare mente locale sul governo Berlusconi
2001-2006, premettendo in modo didascalico che sostanzialmente è lo stesso
governo che la destra riproporrebbe se vincesse: per esempio, specie in caso di
presenza nello studio televisivo del Fini o del Tremonti sfacciatamente
sprezzanti di questi giorni, rammenterei ai telespettatori più o meno immemori
che quello che la destra oggi dipinge come un governo mirabolante fu – tra
l’altro – un governo devastato da profondissime divisioni: ricorderei più
specificamente che, a fine 2004, alla vigilia della Finanziaria, un inviperito
Gianfranco Fini chiese ed ottenne la testa del ministro dell’Economia Giulio
Tremonti, da lui accusato di una conduzione spericolatamente creativa delle
finanze pubbliche. “Eccoli” direi rivolgendomi direttamente ai teleutenti
“quelli che ora vi raccontano che loro lavoravano bene e in modo coeso: si
scontravano a tal punto che uno fece cacciare l’altro, che venne rimpiazzato da
Siniscalco, a sua volta poi dimissionato per far rientrare il già sfiduciato
Tremonti, la cui opera economica – nel frattempo – aveva ricevuto una solenne
bocciatura dall’Europa, con tanto di procedura di infrazione avviata contro
l’Italia, procedura oggi revocata grazie a quel governo Prodi che i due feroci
litiganti di allora adesso vituperano! Come potete fidarvi di chi – oltre ad
aver condotto il Paese sul baratro – oggi fa finta che ciò non sia mai
successo, e spera vi siate dimenticati delle furibonde litigate di cui fu
protagonista?”. E ancora, s’io fossi Walter (o qualsiasi candidato del Pd)
direi: “Ma come potete credere a Berlusconi che oggi si mostra preoccupato per
i salari bassi degli italiani, quando ancora nel 2005 e a inizio E ancora,
direi qualcosina in più sull’informazione televisiva. Ad esempio questo: “Vi
ricordate che – dopo l’editto di Sofia emesso da Berlusconi – vennero cacciati
dalla Rai Biagi e Santoro? Ecco, tenete conto di questo: quando governava la
destra, due grandi giornalisti vennero messi a tacere. Arrivato Prodi al
governo, sono tornati nel servizio pubblico. Biagi – purtroppo – appena in
tempo prima di lasciarci. Santoro ha ripreso là dove era stato interrotto,
mostrando i problemi e i disagi del paese in questi due anni di governo
dell’Unione, cosa che la destra a Palazzo Chigi gli aveva impedito di fare.
Tenete conto della differenza”. L’insofferenza e la censura della destra al
governo per le voci critiche e libere: s’io fossi Walter (o qualsiasi candidato
del Pd) non smetterei di rammentarle. Sarebbe giusto. Sarebbe utile. Infine,
accentuerei quella già efficace visione che citavo all’inizio, la visione
positiva, di un Paese dalle mille potenzialità e dai mille talenti, delineando
a chi mi ascolta anche il Paese che non vorrei: non vorrei un Paese in cui si
propagano i disvalori dell’apparire, del successo facile, dell’arricchimento a
tutti i costi, del lifting come modello di vita, del consumismo più sfrenato,
della cultura vilipesa dai reality show. Certo, per molti questi non sono
disvalori: ma – se adeguatamente descritti – vengono recepiti come tali dalla
maggioranza degli italiani. E, guarda caso, sono disvalori veicolati dalle
televisioni di colui che la destra oggi propone di nuovo come Premier: s’io
fossi Walter (o qualsiasi candidato del Pd), sommessamente, lo farei notare.
"Ok, Enzo: we can! (speremmo..)"
da L'Unità, 21 marzo 2008
Tutti i diritti riservati |