Ovviamente, la prova inconfutabile del suo essere una mossa vincente si avrà se e quando gioverà alla causa: nel caso in cui, cioè, la scelta di Burlando di rinunciare all’infuocata direzione del Pd per stare vicino ai lavoratori di Fincantieri contribuisca non solo a tenere desta l’attenzione su quella vicenda, ma anche ad innescare un processo che porti a risolverla positivamente. Però è un fatto che i media, parlandone, non possono non parlare di quelle persone che vedono a rischio la loro occupazione, del dramma umano (prima ancora che economico) di capacità, dedizioni, talenti professionali messi a repentaglio dalla crisi dell’economia e di una politica incapace di fronteggiarla. Però è un fatto che sono qui a scrivere del gesto del Presidente della Regione, e sono qui a scriverne anche grazie al modo in cui il Presidente lo ha compiuto: se Burlando avesse disertato il vertice di partito in silenzio, scrivendo riservatamente a Bersani, l’effetto – sulla gente, sull’informazione, sul sistema politico – sarebbe stato ben altro. Assai minore. Dunque, quel gesto giusto, opportuno, saggio, si spera politicamente utile, ha avuto bisogno – al fine di dispiegarsi in tutta la sua efficacia – di una confezione: Burlando, per testimoniare e praticare al meglio la sua attenzione ai problemi concreti delle persone e la sua distanza dai riti autoreferenziali di certa politica, ha reso pubblica, aperta, la sua lettera al segretario. Ha informato i mezzi di comunicazione della sua intenzione di recarsi ai cantieri liguri invece che alla direzione romana. Ha fatto accendere i riflettori sul proprio schivare le telecamere che erano puntate sul duello nazionale Bersani-Veltroni. Intendiamoci: non sto dicendo che la sua sia stata una mossa astuta, se non cinica, per usufruire di una diversa visibilità, alternativa ed esclusiva. Sto dicendo tutt’altra cosa: che quella sua decisione, sacrosanta, nobilmente politica e in quanto tale oggigiorno rara, è stata messa in atto mediante un’adeguata tecnica, che non inficia affatto la bontà e la genuinità del gesto ma – al contrario – lo rende più agevolmente percepibile. È questo, in tempi inevitabilmente mediatici quali quelli che viviamo, ciò che debbono cercare di fare quanti si battono per una politica di sinistra: stare vicini alle persone (non dico “radicati sul territorio” perché oramai l’espressione evoca solo retrivi localismi padani), con l’accortezza di rivolgersi a tutti gli altri, che sono altrove, a casa, in ufficio, collegati ad un televisore, ad un display. Essere sinistra di popolo sapendo che il popolo è tante cose: le tangibili maestranze di un cantiere cui stringere le mani e gli invisibili precari delle chatline, gli anziani e i giovani, l’universo femminile, il lavoro manuale da proteggere e quello intellettuale da non avvilire, i valori ed i talenti, il fare ed il sapere. E sapendo – perciò – che non ci si può avvicinare a questo popolo sterminato, fatto di diverse categorie, generazioni, aspettative, aspirazioni, ed ai suoi problemi concreti, senza pensare di parlargli anche da distante, persino quando si sceglie di andarlo a trovare fisicamente. Il gesto di Burlando, mediaticamente spontaneo, studiatamente diretto, è apprezzabile anche per questo. Ed è popolare, nell’unico senso che questa parola oggi può avere: nella bellissima intervista fattagli sabato in queste pagine da Ava Zunino, il Presidente della Regione parla del riscontro ottenuto dal suo popolo: “Mi sono arrivati almeno cinquanta sms e poi mail, post su Facebook”. Che è un altro modo, popolare, per stringergli la mano. Repubblica Genova 27/09/10 Tutti i diritti riservati |