IN DIFESA DEL POVERO GRILLO
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SURCLASSATO DAL GRANDE BENIGNI
Ma cos’altro poteva fare, Grillo? Mettetevi nei suoi panni (per i fedeli alla linea, previo nulla osta di Casaleggio): Benigni, un (ex) collega, lo aveva appena immortalato con un piccolo capolavoro affabulatorio. Grillo, l’essenza antropologica di Grillo, ricavata da quel micidiale strumento di disvelamento che è la vera scrittura comica, era lì, buffamente e impietosamente, in quel fax immaginario grondante insulti da caserma delle barzellette contro il popolo democratico, fax credibilmente falso prima letto e poi maldestramente censurato sul palco dal geniale Roberto; ed era di nuovo lì, in quel brano di conversazione telefonica inventata in cui lui, Beppe, ricorreva al turpiloquio più ovvio, ossia più grillesco, per “interloquire” col narrante Roberto (che invece anni fa, giovane e vitale, coniava parolacce insieme volgarissime e poeticissime, capaci di creare una lingua, un mondo, come solo i grandi artisti sanno fare). Eccolo, Grillo, fissato per sempre in quei mirabili, implacabili minuti di monologo gentilmente offerti dal talento di chi sa miscelare satira e poesia, alta cultura e bassa comicità, bunga bunga e Divina Commedia, Inferno e Arcore, Dante e Grillo: Benigni, schizzando in pochi tratti il (non) leader dei Cinque Stelle, mostrava come lui, Roberto, fosse un’altra cosa: un uomo colto, dai mille registri, che pratica l’invettiva ma pure l’elegia, che conosce anche l’arte della sfumatura, del non detto, che trasuda umanità e quindi anche spirito, anche politica, materia incandescente, magmatica, complessa, e non riducibile ad un pur visitatissimo blog della rete. Che poteva fare, Grillo? Rispondere con un “vaffa” avrebbe avallato il ritratto di Benigni. L’ha buttata miseramente sui soldi, come fanno i poveri milionari senza argomenti. l'Unità 03/09/12 Tutti i diritti riservati |