Voglio il risarcimento danni. Un congruo indennizzo. La riparazione
pecuniaria alle pesanti molestie catodiche a lungo subite dal sottoscritto.
Molestie inscrivibili nella fattispecie “Sceneggiate in due tempi antitetici”.
Nel primo tempo, per esempio, io teleutente vengo colpito proditoriamente dalla
messa in onda della reality-fiction “Irene Pivetti Presidente della Camera”. Uno
spettacolo deprimente per il suo ostentato bacchettonismo: pruderies vittoriane,
rossori sessuofobici, compunzioni monacali, devozioni bigotte, una religiosità
penitenziale e ultratradizionalista che invoca la Vandea e aborre il Concilio
Vaticano Secondo. Tra il vade retro al nudo di un dipinto che infestava un’aula
della Camera e l’anatema scagliato a “Porta a Porta” contro un transessuale reo
di esistere, la rappresentazione va a chiudersi. L’effetto sul telespettatore,
lo dicevo, non è certo gradevole, con quell’anacronistica protagonista in
ritardo di un paio di secoli. Ma perlomeno quella sua fede d’altri tempi ti pare
in buona fede, tanto che – pur non condividendola affatto – ti strappa pure un
briciolo di simpatia: però, che fanciulla coerente, che coraggio nel difendere
idee e princìpi di un’altra era geologica! Una forma di ammirazione inconscia
che sotto sotto qualche dubbio te lo insinua: e se avesse ragione lei? E se
l’antimodernismo reazionario fosse meno peggio della postmodernità consumistica?
Sei lì ancora in preda alle tue inquietudini che scatta a tradimento il secondo
tempo: Irene Pivetti in “Bisturi”. Ovvero l’apoteosi del peggio della
demenzialità contemporanea, tra lifting in differita e seni rifatti in diretta,
mercificazioni di nasi e glutei, becere idolatrie del corpo, fanatismi
dell’apparire. Roba talmente oscena nella sua esibita vuotaggine da aver messo
in fuga persino gli sponsor. Io invece non scappo: sono qui che pretendo il
risarcimento danni. Mi si rifonda adeguatamente per il tempo perso ad
interrogarmi sui valori spirituali propugnati dalla Pivetti parte prima
antitrans: avessi saputo che la Pivetti parte seconda proPlatinette li avrebbe
irrisi e vilipesi, mi sarei limitato a cambiare canale.
Irene
Pivetti 1 e 2 : come si cambia..
E perché, Clarissa Burt? Al profilarsi della guerra in Iraq, aveva la
poltrona di Vespa prenotata: era sempre là, più efficace nella sua pugnace
bellicosità del Generale Arpino, a perorare la causa del conflitto. Lo faceva
forte del suo passaporto yankee e della sua femminile sensibilità: “Qual è
l’alternativa?” domandava accorata e dolente a Livia Turco incurante delle
risposte articolate di quest’ultima. Lei era per la guerra a prescindere, ma con
tutti gli struggimenti del caso: sentiva il peso della tragedia incombente
incarnandone al meglio la storica ineluttabilità. Tanto che - pur rifiutando in
toto le sue posizioni – sotto sotto ti veniva da dire: però, che sofferenza
interiore, che lacerazione terribile nel sostenere le ragioni della guerra
avvertendone al contempo l’assoluta drammaticità. Neanche il tempo di riflettere
sull’angosciante sincerità dell’interventismo di Clarissa, ed eccola immortalata
da “Blob” mentre affronta gli scarafaggi nel suo rifugio allo Yucatan per
semivip esibizionisti della “Talpa”. La guerra in Iraq prosegue nelle sue
terrificanti appendici terroristiche, ma ora a Clarissa non importa più di
monologare accoratamente con Livia Turco su armi, libertà e democrazia per il
popolo iracheno: adesso combatte con Nadia Rinaldi le blatte messicane. Tanto la
guerra Bush l’ha fatta e lei può infervorarsi a dovere nel reality show in
diretta tivù. Io che l’avevo presa sul serio, esigo un indennizzo.
Qui
Clarissa è a PORTA A PORTA o con LA TALPA?
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