LEMMI LEMMI

 

(Dizionario semiserio)

 

 

RIFORME

 

 

di Enzo Costa

 

 

 

Malgrado l’apparenza, Riforme è parola singolare: innanzitutto perché detta così, al plurale, ha una forza evocativa unica (volete mettere la suggestione politico-poetico-filosofica di “fare le riforme”, l’immaginificità di tale vaghezza concettuale, rispetto alla misera, banale e allarmante concretezza di uno specifico “fare la riforma della giustizia” o di un preciso “fare la riforma della scuola”?). Ed è termine peculiare anche per il suo essere a termine procrastinabile, per via della sua ineludibile scadenza con annessa proroga: in Italia le “riforme” (specie quelle istituzionali, specificazione che attenua di poco la suddetta seducente astrazione del plurale) sono quei provvedimenti urgenti e indilazionabili da una trentina d’anni. Prendete la foto ingiallita dell’onorevole Bozzi con barba risorgimentale (onorevole eponimo di una commissione parlamentare per le riforme degli anni ‘80) ed un selfie sbarazzino del premier Renzi con giubbotto da Fonzie, e avrete la fotografia di una mutazione antropologica prima ancora che politica: si trasformano lineamenti, look, posture degli eletti dal popolo, magari anche solo da quello delle primarie, ma restano immutate e immutabili loro, le “riforme”, perennemente corredate del solenne intendimento di farle subito. Nonché del polemico (e ancor più retorico) ammonimento a fare ben altro: “ma quali riforme! La gente chiede lavoro, salari non da fame, pensioni più alte!”. Si provvederà anche a questo, subito dopo le riforme.

  Left 19/07/14

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