Ma il criterio qual è? Al di là dell’innegabile meraviglia davanti all’ennesimo miracolo annunciato dell’ormai Trisunto del Signore, la moltiplicazione dei Paniz e delle liste, il pur minoritario razionalista che è in me una qualche riserva, in termini regolamentari, la avanza. Insomma: se ci si prefigge di accalappiare branchi di elettori di destra randagi stordendoli con il getto di fiammanti loghi di non-partiti, in base a che tipo di parametri, vincoli, clausole, viene data per più che probabile una certa lista cinica e per meno che improbabile un’altra? Perché, per dire, si prefigura una lista di under 40 (capitanata da Fitto) e non una di over 80 (guidata da Fede in coppia con la scatenatissima vecchina da discoteca che furoreggia dalla De Filippi a suon del suo rap “Più trasgressivo”)? Cosa ha di più la ventilata lista animalista della Brambilla della mai vagheggiata lista florealista di Luca Sardella, il viva(l)ista delle dive? Per quale strana, oscura, inconfessabile ragione si preannuncia una lista “Grandi Eventi” affidata (con pieni poteri e delega su saune e massaggi?) a Bertolaso, mentre non si fa menzione di una lista “Pronti Cementi” appaltata senza gara ad Anemone? Converrete con me che una simile vaghezza, se non arbitrarietà, nelle norme per la selezione dei nuovi brand (come si chiamano oggi gli specchietti per le allodole) e relativi capibrand, non solo può indurre alla polemica anche pretestuosa (da qui, all’uopo, la lista Sgarbi?), ma fa pensar male, e parlar male. Peculiarità, quest’ultima, che - nella sua accezione grillino-turpiloquiante – sarebbe alla base dell’incombente lista Santanché (per simbolo un dito medio popolaresco foderato in cachemire?). Ma, pure in questo caso, l’ingiustizia aleggia: perché la Santanché sì e Monnezza no? l'Unità 18/06/12 Tutti i diritti riservati |