Intelligente
e ficcante, l’intervento del lettore (non a caso dell’Unità) Giuseppe Manuli di
Ancona, che lunedì 18 integrava il bell’editoriale domenicale di Furio Colombo
sulle domande non fatte a Berlusconi nell’ultimo suo one man show a
bordo della comodissima poltrona di Porta a Porta. Mi pare però che a
sua volta necessiti di un’integrazione, proprio nella parte – la terza –
relativa ai quesiti potenziali per me più importanti: quelli cioè sulle attuali
difficoltà economiche degli italiani, sull’impercettibile tasso di crescita
degli stipendi dei lavoratori dipendenti. Vero, come rimarcava il signor
Manuli, che andava fatto notare al Cavaliere come – secondo i dati della Banca
d’Italia – la stagnazione delle retribuzioni fosse avvenuta tra il 2000 e il
2006, quindi anche e soprattutto durante gli anni del governo da lui
presieduto. E che perciò era quantomeno impudente imputare il problema a Prodi,
che per di più, dopo il doveroso risanamento dai disastri tremontiani
sanzionati dall’Unione Europea, si accingeva ad affrontare la questione.
Mancava, però, una domanda preliminare, da rivolgere tanto a Silvio quanto al
gongolante Vespa. Domanda che provo a formulare io: ma com’è che durante il
governo Berlusconi di questi problemi a Porta a Porta (come nel Tg1 di
Mimun e nel Tg2 di Mazza, oltreché su tutta l’informazione Mediaset) non si
parlava? In altre parole (domanda più specifica): come mai – dalla seconda metà
del 2001 alla prima metà del 2006, con le buste paga ferme verso il basso – Porta
a Porta non dedicò una o più puntate ai poveri lavoratori dipendenti
impossibilitati ad arrivare a fine mese, con tanto di schede illustrative sul
caro prezzi e sui salari miseri, riferiti perlomeno implicitamente (non da un
fazioso esponente dell’opposizione, ma dall’obiettiva redazione della
trasmissione) ai risultati non felici dell’azione di governo? Oppure (domanda
più cauta e aperta all’autocritica) sono io che non me lo ricordo perché colto da
sindrome cronica di oblio politico-mediatico, mentre in realtà all’epoca Porta
a Porta (come il Tg1, il Tg2 e Mediaset tutta) pullulava di informazioni
sulle gravissime difficoltà economiche degli italiani? Quello che mi ricordo è
altro: è (oltre ad un accorto silenzio sulla procedura di infrazione
dell’Europa per i conti sballati del centrodestra, oltre a titoli astuti come
“Staffetta spettacolare” per edulcorare la sostituzione di Siniscalco col già
cacciato Tremonti dopo furibonde risse governative sui rimedi da prendere per
raddrizzare il dissesto economico) un sistematico omissis sulla cinghia tirata
dagli italiani. Ed è anche un episodio emblematico del Porta a Porta al
tempo di Silvio a Palazzo Chigi: quando, in piena campagna elettorale 2006, un
imprevisto Della Valle sfuggì al controllo e osò dire all’allora Premier che la
situazione economica degli italiani non era rosea come lui la dipingeva (diceva
impunemente in giro, senza schede obiettive di Vespa sui salari bassi e i
prezzi alti, che gli italiani stavano benissimo perché avevano tutti tre
cellulari a testa, e che la sinistra piazzava finti pensionati sugli autobus a
piangere miseria per metterlo in cattiva luce). Ebbene: Della Valle, che si
permise di dire la verità, fu guardato come un pazzo (tanto suonarono eretiche
le sue parole, nella messa ovattata di Porta a Porta con Silvio
presente). E poi bastonato a dovere, mediaticamente e politicamente. Per
sintetizzare il tutto con un’altra domanda mancante: non sarà che controllare
la tivù, aiuta? Il gatto e la volpe
da L'Unità, 20 febbraio 2008
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