Come sfondone è minore. Nulla a che vedere con i suoi grandiosi refusi storiografici ("Romolo e Remolo", "papà Cervi"), o con un rimosso sperimentalismo lessicale (ebbe a dire "ebbimo"). Prodezze oratorie, quelle, ascrivibili al suo pedigree culturale: si sa, ha studiato alla Sorbona. No, stavolta si è trattato di un piccolo lapsus, passato inosservato: giorni fa, replicando stizzito alla Presidente di Confindustria, il Premier l'ha chiamata due volte "Signora Mercegaglia". "Mercegaglia” invece di "Marcegaglia”. L'ingrata Emma aveva reclamato in pubblico "soldi veri" (implicita accusa al governo di spacciare soldi falsi), e l'inconscio di Silvio reagiva storpiandone il cognome, come fa Totò con le sue vittime (e Emilio Fede coi Suoi nemici): "Mercegaglia". Con quelle prime cinque lettere a provare l'irriconoscente venalità della "Signora", così interessata alla merce da ridursi ad essa. Poi si sono incontrati, Lui ha aperto la borsa e lei ha convenuto trattarsi di "soldi veri": merce di scambio.
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