CHIARI DI LUNEDI'
L'ULTIMO ATTO DEL CAIMANO, DOPO UN
VENTENNIO DI RAFFIGURAZIONI MIELOSE
di Enzo Costa
Eppure Paolo Mieli ce lo aveva garantito. Aveva detto così (vado a memoria): “Berlusconi si rassegnerà. Lui e i suoi consiglieri si convinceranno che l’unica soluzione è accettare la sentenza, uscire dal Senato, farsi un po’ di arresti domiciliari, essere affidato ai servizi sociali”. Lo aveva garantito almeno, mi pare, un paio di volte in tv, l’ultima al Tg3, prima a “Ballarò”, sempre con quella sua oratoria serafica, lineare, razionale, che – quando spiega la storia a “Correva l’anno” – gli ammiro, e – quando commenta la politica nei tiggì e nei talkshow – gli invidio. Ma questa volta, davanti alla sua reiterata previsione dell’acconciarsi di Silvio alla propria estromissione, avevo dubitato: ma davvero? Possibile? Uno come il fu Premier Papi, così allergico alle regole, così Caimano, disposto a mettersi da parte, buono buono o quasi? Diffidenza che avevo subito riconvertito in senso di colpa: sono io, mi ero detto, a essere fuorviato dai pregiudizi politici: se uno come Mieli scommette su un Silvio per una volta moderato e ragionevole, avrà i suoi fondati elementi di giudizio, magari anche le sue informazioni riservate. E invece eccolo qui, il Silvio che paventavo: non mi interessa che Mieli faccia il mea culpa. Ma che si rifletta su come la (residua) borghesia intellettuale italiana, dopo un Ventennio di ipocrisie terziste e raffigurazioni ritoccate di un Berlusconi liberale, anche nell’ultimo tormentato tratto della parabola del Cavaliere si sia ostinata (per miopia? faziosità? più o meno consapevole “complicità” di classe?) a vederlo per quello che non è, e non come il paradigma fardato del sovversivismo della classe dirigente italica. Un errore, chiamiamolo così, che lo storico Mieli sa bene come sia stato compiuto anche, riguardo un altro Leader, agli albori di un altro Ventennio. l'Unità 30/09/13 Tutti i diritti riservati |