HO VISTO
UN MOSTRO AL MERCATO
di Enzo Costa
Ho visto un mostro. Era un mostro giovane, imberbe, sbarazzino, ma era un mostro. Si aggirava per la piazza del mercato di Oulx, paesino montano della Val di Susa, in provincia di Torino. Più che aggirarsi, scorrazzava alla spasmodica ricerca di sguardi. Sì, perché questo - a differenza di molti altri mostri - non era un mostro solitario, ombroso, sfuggente e misantropo. Era un mostro socievole, espansivo, quasi amicone, da piazza del mercato il giorno del mercato. La sua propensione all'esposizione l'avevo intuita al suo primo profilarsi, ma subito non avevo immaginato quale patologico livello avesse raggiunto. Il mostro più o meno quattordicenne era apparso dal nulla guizzando silenziosamente tra i banchi del mercato alpino, in sella ad un fiammante scooter elettrico. Cercava, com'è naturale per ogni creatura nella fase adolescenziale, la conferma della propria unicità nella sua capacità di calamitare l'attenzione degli altri. Ed arrestarsi col suo avveniristico scooter elettrico fiammante davanti ad incuriositi frequentatori del mercato di ogni età, era la mossa giusta per tale scopo. Fino a quel punto, un normalissimo caso di esibizionismo giovanile. Da lì in poi, un progressivo, inarrestabile disvelarsi di un'agghiacciante mostruosità di stampo monetizzatorio: ad un signore di mezza età che con bonaria curiosità gli domandava nome e caratteristiche di quel suo originale mezzo di trasporto, l'impressionante soggetto implume - scandita di fretta la definizione "scooter elettrico" - sbatteva in faccia un prezzo: "Costa millecinquecento euro!", strillava con osceno compiacimento, soggiungendo gongolante come quel preziosissimo giocattolo fosse un regalino di suo papà. Non gli era stato chiesto il prezzo, ma lui aveva dovuto dirlo. Dando l'idea di proferire ad alta voce quella cifra considerevole con l'orgogliosa voluttà di chi misuri col solo metro del denaro speso la propria ed altrui qualità umana. Sensazione ribadita ed aggravata allorché un altro astante sui cinquant'anni - presumo per titillarne sadomasochisticamente l'intuita natura valutaria - gli rimarcava la particolare estetica dei cingolati stringati (mutazione genetica delle basiche scarpe da tennis dell'era pre-griffata) che portava ai piedi: "Centottanta euro!", berciava fieramente venale il nostro mostro, per poi sparare a bruciapelo non so più quale prezzo ipergalattico dell'esclusivissima mountain bike donatagli, pure quella, dal facoltoso e quindi virtuoso paparino. Il mostro imberbe non esibiva, come tanti privilegiati di qualsiasi generazione, il lusso: lo traduceva al prossimo in pecunia sonante. Attaccava vocalmente alla propria roba i cartellini dei prezzi, vieppiù alle stelle. Era un bancomat pettegolo, senza codice pin. Non so se fosse un esemplare unico ed irripetibile, o il prototipo di una nuova, spaventosa genìa che si prospetta all'orizzonte. Non so se fosse un frutto socioculturale della semina berlusconiana, un Briatore in erba appena più sfrontato in attesa del suo Trilionaire, o una macchietta improbabile evasa da una sciatta sceneggiatura dei Vanzina. So che a un certo punto lo raggiungeva la madre, pittata, agghindata e platinata come una velina fuori-quota, che gli affidava un cagnolino al guinzaglio. Del quale il mostro imberbe si limitava a rivelare ai presenti che costava carissimo, aggiungendo poi a tutto volume che era di una razza oltremodo longeva. Però - ho pensato io - non immortale. L'eternità - si sa - è il privilegio più esclusivo ed inafferrabile, anche per i quadrupedi pelosi di mostri imberbi. E chissà quanto costa.
"Cosa vuoi fare da grande?" "Il Presidente del Consiglio" da L'Unità 25/08/2005 Tutti i diritti riservati
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