CHIARI DI LUNEDI'
BREVE ESEGESI INCONCLUDENTE
DI MARIO MONTI MUTANTE
Quant’è bella sobrietà, che si fugge tuttavia! Chi vuol esser premier sia, del doman non v’è certezza. Chiaro che Monti non è più il Monti di una volta: l’antica imperturbabilità tecnica va evaporando, lo sguardo atarassico è un vago ricordo, il loden rivoltato, trasfigurato in un capino più sgargiante. Mutazione genetica in corso, e quindi dall’esito incerto. Quel che solo possiamo dire (montalianamente) è ciò che Monti non è (più), ciò che non vuole: non è (più) un tecnico, non vuole tornare all’Università. Su ciò che è e ciò che vuole, che dire? Non farla facile, dicendo che il Potere gli ha dato alla testa, inducendolo a mettersi alla testa del fantomatico centro. Magari farla complicata, tentando un’esegesi del Monti mutante: ora, si sa, twitta. Il primo cinguettio ha funzionato, per eclettismo espressivo (“salire in politica”, citazione originale di Saviano affidata alla pervasività micidiale del web) e per smascheramento delle miserie altrui (il fu premier Papi che, nella quota di Unomattina della sua occupazione selvaggia della tv, rivendica come un poveraccio il proprio rango superiore). Ma negli orali il Professore zoppica: a Che tempo che fa non aveva capito la domanda di Fazio su una sua candidatura (tipico espediente da scolaro negligente): se l’era fatta ripetere e noi, poi, non avevamo capito la risposta (e forse neanche lui). Nella conferenza stampa di fine anno, e nel successivo annuncio della sua transustanziazione in agenda, cascava l’asino: l’esattezza scientifica da economista bocconiano riconvertita in vaghezza afasica da politico antidiluviano: parole retrattili, fumosità sedative. Un De Mita mal risciacquato in piazza Affari, un Forlani con lievissimo retrogusto di spread. Il Moretti che è in me gridava “Monti, di’ qualcosa di tecnico!”. l'Unità 31/12/12 Tutti i diritti riservati |