E dire che avevo fatto tanti buoni propositi: a fine luglio, stacco, chiudo baracca, burattini, connessione ad Internet ed al mondo politico genovese. Ho bisogno di una boccata d'ossigeno: in senso letterale (montagna, aspettami!) e metaforico: dopo un anno passato a respirare l'aria non sempre purissima che tira nella vita sociale, politica, culturale, economica (non solo) cittadina, l'urgenza di una pausa di distrazione a pieni polmoni è fortissima. Difatti sono partito per l'alta quota fermamente intenzionato a restare fra le nuvole per un mesetto. Poi, capita che al secondo giorno di vacanza montana fra le vette della Val di Susa si dia convegno un esercito di nuvole minacciose che suggeriscono di asserragliarsi in casa. E capita anche che per ingannare il maltempo mi venga l'idea di dare un'occhiata ai giornali cittadini acquistati il giorno della partenza e mai aperti: è a quel punto che succede il disastro. L'occhio mi cade su una notizia del Corriere Mercantile: il Terzo Valico rischia uno stop. Per un istante penso sia un mio errore: devo aver preso un quotidiano di qualche anno fa, dimenticato in mie precedenti ferie alpine. Poi controllo la data: 1 agosto 2010. Dunque è una notizia fresca. Si fa per dire: è l'ennesima replica della solita commedia ferroviaria in due atti: annuncio del via libera al Terzo Valico e susseguente nulla di fatto. Sono anni, lustri, legislature, ere geologiche che va avanti così. Con danni irreparabili allo sviluppo dei trasporti ed alla credibilità della politica, e con enorme giovamento per la mia professione satirica. E già questo basta a farmi balenare l'idea insana di scriverci un pezzo. Ma subito resisto, ligio al mio fioretto di un agosto d'astinenza dallo sbeffeggiamento su carta stampata di pasticci e fattacci politici. Senonché, proseguendo con la lettura, le provocazioni ai miei progetti ascetici si susseguono: apprendo che è in corso un braccio di ferro fra il ministro Matteoli ed il ministro Tremonti, che il primo si batte per l'apertura dei cantieri (ma non erano già stati aperti, per lo meno da un centinaio di annunci?) mentre il secondo è contrario (così come il cuoco fiorentino interpretato da Boldi era contrario alla pentola a pressione); apprendo altresì che dirimerà la questione una imminente seduta del Cipe (ho perduto il conto delle imminenti e dirimenti sedute del Cipe abbattutesi su di noi fin da quando il Terzo Valico era ancora in fasce, e destinate a continuare nei secoli dei secoli). Ma il massimo deve ancora arrivare: apprendo che il senatore Luigi Grillo, già inauguratore con elmetto giallo di uno degli innumerevoli cantieri virtuali del Terzo Valico e sistematico assertore dell'imminenza della riapertura di altri cantieri virtuali, parla di una nuova frontiera nel finanziamento delle opere pubbliche. Tenetevi forte: siamo al project financing di terza generazione. Spiega, il senatore con l'elmetto, trattarsi di lavori non più proposti dagli enti pubblici e poi affidati ai privati per la realizzazione, bensì di lavori proposti dai privati agli enti pubblici i quali dovrebbero poi garantire un diritto di prelazione ai privati medesimi. Lo spiega, il senatore, ma mentre leggo la mia mente vaga fra domande e di ipotesi più o meno suggestive: come è, per esempio, che io non ne sapevo nulla? Ero rimasto al sospirato nucleare di quarta generazione, colpevolmente ignaro che il project financing lo stesse incalzando con la sua pimpante terza generazione propedeutica all'inarrestabile avanzata del Terzo Valico che è sotto gli occhi di tutti. E poi: mi sono perso un passaggio: se (Grillo docet) la prima generazione era quella degli enti pubblici proponenti, e la terza quella dei privati proponenti, nella seconda chi diavolo era a proporre? Grillo? Un passante? Topo Gigio? Ma in realtà, a ben pensarci, col Terzo Valico altro che terza generazione! Me ne parlava già mio nonno. Mi raccontava che da ragazzo era convinto che sarebbe partito di lì a poco: magari, all'epoca, lo assicurava il nonno del senatore Grillo. (Scusate la violazione della moratoria satirica, non lo faccio più, giurin giuretto).
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