Anche Mario Pirani odia? Lunedì 21 dicembre, l’editorialista di Repubblica è tornato a Bonn, riavvolgendo il nastro a prima del lancio sconsiderato e criminale del souvenir, per rileggere quel discorso del Premier e definirlo come un manifesto di un nuovo Stato totalitario. In cui un Capo votato dal popolo annulla gli altri poteri, i contrappesi di una normale democrazia liberale. Questo, era il discorso di Bonn. Basato su presupposti tanto indimostrati (i giudici sono al servizio della sinistra; i giudici della Consulta favoriscono la sinistra giacché in gran parte nominati da Presidenti di sinistra; gli ultimi tre Presidenti della Repubblica, essendo stati votati dalla sinistra, non agiscono imparzialmente) quanto gravi e offensivi, per le persone cui si riferivano e le istituzioni che esse rappresentano. Un quadro deliberatamente distorto (un “violento attacco”, per Napolitano), propedeutico a un disegno alternativo: uno Stato dall’unico Potere. Totalitario, per Pirani (e Scalfari e Barbara Spinelli). Definizione tecnicamente perfetta, ma moralmente colpevole? Impiegarla per descrivere il progetto di Berlusconi, significa odiare quest’ultimo, e attentarne l’incolumità armando la mano dei più fragili? Così è, per la vulgata (maggioritaria) Cicchitto. E il vittimismo feroce con cui lo si ripete in tv è già una prova tecnica di moderno totalitarismo. Esemplare, su questo, il dopo-Duomo: nell’etere posseduto e controllato dal Capo ogni giorno, per ore e ore, si è inscenata una rappresentazione unica, a base di Sangue e Fede: le immagini cruente del volto insanguinato si accompagnavano a litanie ossessive, beatificanti la vittima fino a elevarla, con don Verzé a Porta a Porta, a novello Cristo (“Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”); chi osava rifiutare l’equiparazione aggressione-opposizione ri-bollato da tutti, da Capezzone alla Zanicchi, come odiatore e mandante morale dell’aggressore. Colpiva, da quello show, la sparizione dei fatti. Di molti fatti: gli insulti scagliati da anni da Berlusconi e sottoposti contro chi, per credo politico o dovere istituzionale, ne avversa i piani; le contestazioni toccate a suo tempo a Prodi, tra il tripudio ghignante della destra e la civile accettazione di Prodi stesso; l’attentato patito da quest’ultimo nel 2003, e da lui vissuto con riserbo, senza grancasse mediatiche, vittimismi ringhiosi o patenti di odiatori affibbiate a nessuno. Il fatto che oggi, dai sondaggi, tale rappresentazione risulti premiante, ne conferma il carattere totalitario: le fiction a reti unificate trionfano inevitabilmente.
Il discorso l'Unità 24/12/09 Tutti i diritti riservati
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