L’acqua pura della conoscenza
I risultati dei referendum analizzati dalla penna "bacata " di Enzo Costa Facile scriverlo col senno (del quorum) di poi, ma lo pensavo col dissenno (del battiquorum) di prima: il referendum, prima ancora che il “sì”, l’ha vinto il popolo del “sì”. E chiunque disponga di un minimo di obiettività (ma proprio di un minimo, diciamo di una misura appena superiore a quella in dotazione al Tg1), dovrebbe riconoscerlo: la vera battaglia - dura, sfibrante, esaltante e alla fine vincente - non è stata quella per convincere gli elettori a votare “sì”, bensì quella per far sapere agli italiani che una domenica e mezzo lunedì di giugno (prima, a maggio, no, perché Maroni voleva istituzionalmente l’esclusiva alla scoppola amministrativa per il centrodestra) avrebbero potuto fare un salto nelle cabine elettorali per far fare un salto di qualità partecipativa alle politiche energetiche, civiche e giudiziarie del nostro paese. Far conoscere (il fatto che esistesse l’appuntamento referendario) per deliberare: impresa titanica, giacché per compierla occorreva fronteggiare a telecamere spente colossi della disinformazione catodica pubblica e privata che avevano deliberatamente scelto di non far conoscere. Arrivati, per questo, al gesto o lapsus freudiano estremo di sbagliare le date della consultazione nei propri bollettini di distrazione di massa. Tele-sicari della comunicazione-zero, pronti a riconvertire in non notizie sul voto il fallito tentativo - operato dai loro mandanti di sgoverno - di cassare il referendum a mezzo decreto-bufala. Ecco: davanti ad una simile sfida impari ed impossibile, logica e buon senso avrebbero imposto una resa preventiva. Ma non l’illogica utopia del popolo del “sì”, armatosi di tastiera, mouse, creatività e ironia. Quest’ultima, prima e sopra di tutto, è stata l’arma letale contro l’esercito potente dei video-occultatori: più questi si impegnavano alacremente ad oscurare via etere i fatti referendari, più i partigiani della libera conoscenza si industriavano a smascherarli, irriderli, eluderli sul web, e dalle piazze virtuali passavano ai vicoli reali, dai social network alle assemblee di condominio, da Youtube ai mercatini. Azionati, per l’appunto, dall’energia naturale e magicamente rinnovabile dell’umorismo, dell’intelligenza divertita e divertente, della parola fresca e leggera: mai come in questa occasione, come per una proliferazione contagiosa, sulla Rete sono circolati slogan esilaranti, filmati arguti, vignette e fotomontaggi spiritosi, e non sentenziosi o fanatici come talvolta invece capita in certi truci forum di invasati digitali emettenti post sommari all’ombra di comodi nickname. E mai come in questo caso il mezzo, lo stile, il linguaggio, era il messaggio: se il modo con cui ci si informava del referendum suonava spiritosamente intelligente, ecco che ci appariva altrettanto intelligente e spiritoso (nel senso di benefico per lo spirito) andare poi a votare. E – per contrasto – terribilmente ottuso il codice omertoso di chi ci voleva tenere all’oscuro, e di conseguenza altrettanto demente il disertare i seggi. Hanno vinto loro, questi eroici guerrieri del gentile e geniale passaparola (on-line e non), questi straordinari portatori d’acqua pura dell’informazione porta a porta (scritto minuscolo e senza annessi plastici): ci hanno fatto venire sete di conoscenza, di partecipazione. E anche di acqua pubblica (e sole ridente, e giustizia decente).
Genova, 13 giugno 2011 Tutti i diritti riservati |