PIAZZA PRINCESA
E LA SFIDA DI DON GALLO
Don Gallo le cose le chiama per nome: non pratica l'arte italica della reticenza, non frequenta i territori battutissimi dell'ipocrisia, non pecca mai di omissis. Dice "Ingiustizia" all'ingiustizia, dà identità ai soprusi così da poterli identificare uno ad uno, indica la Poesia laddove si nasconde, ha osato scandire "Antifascismo" anche quando, causa (mal)tempi politico-culturali, farlo pareva (pare?) sconveniente, se non blasfemo. Don Gallo chiama per nome anche le persone, i potenti, i senza potere, i preti di strada e i Cardinali di Cattedrale: li nomina per meglio definirli, per indicarli, per additarli, per supplicarli. Specialmente, nomina quelli lontani da tutti, a lui vicinissimi: sa che chiamare un escluso significa includerlo. Don Gallo, adesso, vorrebbe dare un nome anche ad un luogo che un nome non lo possiede: è la cosiddetta piazza Anonima, o Senza Nome, che spunta da vico dei Fregoso e vico Ombroso: uno spazio minimo in mezzo ai carruggi nato, narrano le cronache metropolitane, dagli squarci profondi di un bombardamento della seconda guerra mondiale. Come potrebbe cantare un poeta con la chitarra, "dai diamanti non nasce niente, dalle bombe può nascere una piazza", e aggregare uomini e donne, per quanto soli, per quanto in difficoltà. Nominare quella piazza è nominare quei cittadini, quegli abitanti di inquietudini e solitudini, per renderli un po' meno inquieti, un po' meno soli. Tanto più se, come propone don Gallo, a quella piazza si dà il nome di "Princesa", la canzone con cui Fabrizio De Andrè ha dipinto la dolorosa vitalità di una creatura nata in un corpo sbagliato, il suo soffrire e sopportare giudizi ed epiteti di chi sentenzia senza sentire, il suo ostinato (soprav)vivere, alla ricerca, disperatamente felice, di un'identità sessuale, di lineamenti in cui riconoscersi, di un nome. Un'idea, questa, che don Gallo ha espresso mercoledì al Galata Museo del Mare, inaugurando con Nando Dalla Chiesa e Maria Paola Profumo la bellissima mostra di arte digitale di Virginia Monteverde (a corredo della "Città dei diritti"), suddivisa in due sezioni ed ambienti: dentro al MuMa, una videoproiezione di ritratti elettronici di clochard, trans ed emarginati, tutti spostati dal margine della città al centro dell'opera, e quindi dell'attenzione, fra liquefazioni di colori che danno sostanza ai corpi ed alle anime; nella futura piazza Princesa, un'installazione di 40 metri, tesa sui ponteggi di un edificio in ristrutturazione, che ritrae e deforma i turisti in visita a Genova, trasportati dall'artista in un luogo dimenticato. Che ora don Gallo vuole battezzare. Per (ri)dargli vita.
Il filmato di Don Gallo e delle Princesas è stato realizzato da SERGIO GIBELLINI Lo slide con le immagini relative alla mostra e all'installazione di VIRGINIA MONTEVERDE è stato montato da Aglaja
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