Ma cosa porta i turisti dell’orrore ad Avetrana? Cos’è che li conduce fino a quel remoto luogo del delitto, prima ancora dei pullman che occhiutissime agenzie di viaggi low-cost hanno riconvertito da scarrozza-massaie deportate per spaccio di pentole a family-mobile per il grandtour garage di zio Michele-uliveto del rogo del cellulare-pozzo di campagna in cui provare la vertigine dell’abisso? Certo, la naturale, morbosa pulsione per il Male, per il Vuoto che conforta quando lo si scruta negli altri, per la Disgrazia che ci sfiora ma non ci tocca (Grazia ricevuta!), sia essa un pauroso incidente d’auto o un omicidio primordiale e postmodernamente amorale. Ma c’è qualcosa di più, che fa da primo motore immobile a quegli amorevoli papà che tengono per mano i figlioletti attorno al buco che ha inghiottito la povera Sarah, a quelle giovani coppie in pellegrinaggio presso il portone che ha custodito un’indicibile violenza, a quegli italiani annusanti l’odore di morte che emana una villetta dall’estetica efferata come quelle di tanta povera gente. A trascinare lì quelle facce normali è l’ordinario orrore catodico, l’agghiacciante indotto televisivo di una tragedia, indotto che ogni giorno, inesorabilmente, quella tragedia la mastica, rumina, digerisce, vomita e rimastica, ingigantendola e sezionandola. È il ciclo continuo Giletti-Sposini-Venier-D’Urso-Panicucci-Vinci-Vespa-plastico -inviati-avvocati-criminologi-addetti agli orrori - passanti intervistati -vicini interpellati-“rivediamo cosa disse Sabrina”-“risentiamo Cosima”-“riascoltiamo Concetta” (chiamati coi soli nomi di battesimo, come gli internati del Grande Fratello). Una fabbrica fordista di Nulla eterico che da mattina a sera, da Uno Mattina a Porta a Porta, lavora il Dolore grezzo conciandolo e sconciandolo, sminuzzandolo e serializzandolo, rendendolo telegenico come altri fortunati tormentoni del video, dalla pornografia sentimentale di Uomini e Donne ai tormenti dei sedicenti talenti di Amici. Il risultato è la costruzione di un’umanità-audience così rimpinzata di parole e immagini oscene da non poterne percepire la tossicità, la ripugnanza, l’orrore. Anzi, da aver patologicamente bisogno di nutrirsene anche dal vivo, a costo di pagarsi il viaggio in pullman, per sedare le crisi d’astinenza da (rari) buchi dei palinsesti (alla faccia della sentenza interessata “la tv non condiziona!”). Un effetto mirato: quando si azzera il pensiero dei cittadini, è più facile fargli credere che l’Osceno sia il vaffanbicchiere di Santoro, o un’inchiesta di Report, o un programma di Fazio e Saviano. L'Unità 31/10/10 Tutti i diritti riservati |