Biechi centralisti della logica, quanti sono rimasti interdetti dalla ricandidatura di Bossi alla segreteria della Lega dopo il suo passo indietro dalla segreteria della Lega. Il secessionismo padano fra parole e fatti, fra discorsi e realtà, fra spiegazioni e notizie (di reato), fra soggetto e predicato verbale, espugna l’oppressiva consequenzialità cartesiana per librarsi, illuminato dal Sole delle Alpi, in una fantasmagoria di voli pindarici e (per la corrente maroniana) barbarici: Belsito e Rosi Mauro sono cattivi perché terroni; la Lega è indagata perché si oppone al governo Monti; Bossi non sapeva che Belsito gli pagava le spese di casa e di Family; Bossi si dimette; Bossi, per l’appunto, si ricandida. E magari dopodomani, previo infuocato comizio nel basso varesotto in cui si alzano le mani sui giornalisti romani, non si ricandida più. Fino a venerdì, quando, in un’alata prolusione alla libera Università di Gemonio, si candida a segretario, presidente e tesoriere, venendo eletto sparata stante per acclamazione, unitamente al Trota, che assume la carica statutaria di triplice vice (carica certificata via fax dall’ordine notarile di Tirana): dopo la fase “ramazze di saggina”, la svolta del “Fresh and clean”, da far impallidire quella di Salerno. Svolta che Maroni lì per lì, dal vivo, ingoia; ma che la sera, a casa, su Facebook, deplora. E se poi quella tiranna della logica insiste con i suoi diktat di Regime, un grido dadaista la annienta: “Padania…” e sotto il palco, il popolo fiero in coro: “…libera!”. Soluzione la cui vincente illogicità valica i confini politici del Carroccio. Io, per esempio, adesso non saprei bene come concludere questo articolo, ma mi gioco l’arma segreta: “Padania…” e voi lettori all’unisono: “…libera!” (vedete che funziona?). l'Unità 07/05/12 Tutti i diritti riservati |