Di base, per zucconaggine informatica di stampo genetico, sono contrario
ai restyling del mio sito e del mio blog. Allorquando la valente e
paziente Aglaja – grandiosa vignettista e strepitosa webmaster – mi
comunica che è giunto il tempo della riverniciatura
grafico-contenutistica (che per me arriva sempre troppo presto e troppo
spesso), io provo un misto di ansia, fastidio e sconcerto, riassumibile
in una domanda filosofica: ma perché? Ma perché cambiare il template,
spostare la colonnina, modificare il menù, colorare i font, scolorire i
tag, rimpicciolire i caratteri e ingigantire le immagini o viceversa? So
bene che un perché c’è, e difatti la valente e paziente Aglaja ogni
volta me lo espone. Ma io, ogni volta, forte della mia cocciutaggine
digitale, resto attonito e perplesso. Sensazione che si acuisce nel
momento in cui dall’annuncio si passa alla realizzazione, che sovente mi
colpisce a tradimento: incurante degli avvisi di restauro migliorativo,
io navigo tranquillo, come se nulla mi fosse stato preannunciato, con
rotta sulla mia home page. E qui – dolorosamente – mi perdo fino al
naufragio: non trovo più quel mio pezzo del 1996, la nuova tinta dello
sfondo mi sembra inguardabile, persino i pur esteticamente anonimi link,
così proditoriamente sfigurati, hanno un che di sinistro e di alieno.
“Rivoglio la mia cara vecchia solita hp!” penso (quando va bene) o grido
(quando non mi trattengo) disperato. È, lo so bene, una forma da pc di
pigrizia mentale, una sindrome on-line di conservatorismo abitudinario,
una refrattarietà al nuovo nelle sue modalità web. E so altrettanto bene
che si tratta di una patologia grave ma, per fortuna, curabile dal
tempo: nel senso che, trascorsi due-tre giorni infernali di assoluto
sgomento psico-fisico, improvvisamente, guardando il monitor mi sento
meglio: la nuova veste del mio sito o del mio blog, di botto, non mi
sembra più deprimente ma piuttosto promettente. Dopo un’altra mezz’ora,
diventa molto allettante. Da lì all’indomani, la troverò fantastica,
come oggettivamente è. E mi capita anche con siti e blog non miei, che
visito volentieri. Certo, in modo meno drammatico, giacché un conto è
vedere “devastata” la pagina della propria casa (per usare un’ottusa
traduzione letterale), un altro – più sopportabile – è osservare la
ristrutturazione della pagina della casa d’altri. Sei meno ferito
nell’amor (virtuale) proprio, però un po’ soffri. Fino a quando, come
per la tua bella paginetta di casetta, non inizi a gradire qualità
estetica e funzionalità pratica del nuovo arredamento altrui. In
generale, si tratta, molto semplicemente, di abituarsi. Di abituarsi a
vedere diversamente, scoprendo piano piano che “diversamente” vuol dire
“meglio”. E, per me, un modo per accelerare il processo di adattamento
visuale è quello di veder pubblicato un pezzo nuovo fiammante che rechi
la mia firma. Con il mio sito ed il mio blog funziona alla grande:
l’articolo fresco rende più rapidamente gradevole la “pittura fresca” di
quelle pagine elettroniche. Ecco perché, se e quando uscirà questo mio
commento sul “nuovo” sito del Comune di Genova, mi dirò: “Però,
guardando bene, mica male, il ‘nuovo’ sito!”.
postapercosta@gmail.com
P.S.
In realtà, ho visto in anteprima la nuova home page di questo sito, e
l’ho trovata molto bella, anche (o in quanto?) senza questo mio
articolo.