A un certo punto, era il 10 agosto, ho avuto la sensazione che avessimo già perso: non per i sondaggi negativi (quelli sono negativi sempre, anche quando si vince); non per le baruffe fra Vendola e Bersani, vendoliani e bersaniani, Di Pietro e Resto del Mondo, il mio coté movimentista e il mio coté politicista, più Casini, su come gestire l’imminente implosione della maggioranza evitando la conseguente disintegrazione della minoranza. Quelli erano gli ordinari afrori di disfatta che ci accompagnano da sempre. Ma il puzzo più acre l’ho avvertito la notte di San Lorenzo, quando dal cielo catodico sono piovute due luminose sentenze: «Berlusconi doveva cacciarlo subito (Fini, nda)» e «Bisogna andare al voto». Non era l’insolente e perentoria sicumera con cui Bossi le emetteva a farmi sentire l’odore della sconfitta. Ma il fatto che il ministro le sparasse all’eliminatoria di Alassio di Miss Padania: e che tutti, me compreso, trovassimo la cosa normale. A ridatece i fratelli Capone! l'Unità 09/08/10 Tutti i diritti riservati |