MINA, CLOONEY E SILVIO,

 

 

 IL TESTIMONIAL "ETERNO"

 

 

di Enzo Costa

 

 

 

C’è una tecnica pubblicitaria, non so se codificata, che chiamerò “perpetuazione subliminale e taroccata del testimonial”. Mi pare che a lanciarla in Italia, praticandola per decenni, sia stata una ditta produttrice di una cedrata, bevanda che quando ero bimbo, negli anni ‘70, era reclamizzata in televisione da Mina. Poi, trascorso un lustro o poco più (i miei sono ricordi offuscati dal tempo), la celebre cantante, oltre a sparire dagli spettacoli televisivi e dai concerti dal vivo, si congedò dai consigli per gli acquisti, o almeno da quel consiglio specifico. Ma l’azienda in questione fece buon viso a cattivo gioco promozionale: nei suoi nuovi spot, che se non sbaglio si sono susseguiti identici o quasi fino ai nostri giorni, prese a risuonare una voce fuori campo scandente nome e qualità della cedrata, voce straordinariamente e curiosamente simile a quella della tigre di Cremona (adoro questi appellativi vintage). Eccola, la tecnica astuta: un timbro vocale praticamente uguale a quello della testimonial perduta, così da far pensare ai teleutenti potenziali acquirenti che la testimonial non fosse perduta affatto, ma semplicemente fornita nella sola versione audio. Un’idea geniale per uno spot fonte di un equivoco transgenerazionale: i telespettatori più anziani, che avevano potuto vedere la testimonial Mina in carne e ossa, dopo il suo eclissarsi da quel carosello erano convinti che quella che udivano fosse sempre la sua voce, e così dissero ai figli, venuti al mondo catodico quando già Mina non lo frequentava più da un pezzo: “La senti questa voce, Michelino? È quella della più grande cantante italiana!”. E così poi fecero i figli con i loro figli: parecchie generazioni, diverse per epoche, valori, interessi e attitudini, unite da un fraintendimento pubblicitario: quella della cedrata era ed è la di voce di Mina. “Perpetuazione subliminale e taroccata del testimonial” rinnovatasi, in queste settimane, con lo spot di una marca di macchine per caffè, vivamente consigliata, fino a poco tempo fa, da George Clooney. Anche qui, all’improvviso, il testimonial sparisce, “sostituito” da una voce che ricorda moltissimo la sua e scandisce ammiccante e profonda, subito dopo il marchio, il solito, proverbiale interrogativo anglofono-retorico: “what else?”. L’effetto è garantito: se il commercial verrà irradiato identico a se stesso per decenni come quello della cedrata, gli italiani del 2030 crederanno di ascoltare la voce di un mitico attore, fascinoso e impegnato, adorato dai loro nonni. Ma perché mi dilungo su simili trovate pubblicitarie? Perché me le ricorda l’accanimento con cui, in questi giorni, i cosiddetti lealisti e i cosiddetti governisti, pur in lotta fra loro senza esclusione di colpi, si premurano di dire e ribadire che il loro unico leader era, è e sarà Silvio Berlusconi. Eppure il fu premier Papi non passa un bel momento, e, viste le ulteriori nubi giudiziarie all’orizzonte, oltre che l’inesorabile scorrere del tempo, non dà l’idea di essere politicamente eterno. Però, deduco da quelle univoche attestazioni di leadership infinita da parte di sottoposti divisi e litigiosi, lo reputano un testimonial irrinunciabile per il loro target. Ne sono certo: anche quando, fra molti anni, Lui sarà non solo decaduto ma anche rifugiato in un paradiso fiscale, lontano dagli affanni della politica, Fitto e Alfano all’unisono, nei loro contrapposti spot elettorali, faranno risuonare fuori campo una voce da cumenda brianzolo recitante uno slogan accattivante: “Meno tasse per tutti, a parte i comunisti!”. Chissà che gli italiani, come già con Mina e Clooney, non abbocchino.

  l'Unità 23/10/13

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