"Tra il dire e il disegnare c'è di mezzo il
mare": non pare che l'elemento liquido, particolarmente mosso per di
più, abbia creato più di tanto difficoltà alle espressioni - satiriche
e non - di Enzo Costa, giornalista, autore e poeta, firma di
Repubblica dove, tra l'altro, pubblica quotidiani "Lanternini"
sull'edizione di Genova, e di Aglaja, nom de plume diGabriellaCorbo,
serissimadocente per una parte di giornata e, nell'altra, illustratrice e
vignettista dalla matita scatenata. Nella mostra che si apre sabato 29
novembre al Museoteatro della Commenda di Pré, Costa e Aglaja presentano
180 tra disegni e scritti. Non tutti da ridere. Anzi.
"Il mare
ha molte accezioni, e anche la mostra le riecheggia, a partire dal luogo
fisico che la ospita, la Commenda, luogo di accoglienza e viaggio -
dice Enzo Costa - Il mare quindi come confronto di vita, ma anche
luogo di scontri, intolleranze così come integrazione".
C'è di
tutto nel mare, dai pesci e dalle stelle marine la cui esistenza è messa
a repentaglio dall'inquinamento alle mode roboanti come l'aquascooter
e, chiariscono gli autori, nel mare della loro mostra ci sono molte
divagazioni. Sulla politica, ovviamente, e su molti personaggi anche
inspiegabilmente famosi. "Diciamo che non c'è solo satira, ma c'è molto
da riflettere e anche da approfondire" ribadisce Costa. Basterebbero per
sottolinearlo, alcune poesie: come quella che si intitola Mare: "Tra il
dire e il fare/ ci son di mezzo/ coliformi totali/ coliformi fecali/
streptococchi fecali/ rame, piombo, fenoli/ e tracce d'acqua salata". O
Fiume: "Fermo/ sulla riva del fiume/ aspetto/ che passi il cadavere del
mio nemico. /Ma non arriva/ Dev'essersi incagliato/ più a monte,/ là
dove plastica, fusti/ e spazzatura/ rallentano la corrente./ Si impone
una profonda riforma /dei proverbi cinesi".
Aglaja, dal canto
suo, disegna sorniona e luciferina insieme. Una matita che colpisce,
dove l'invenzione iconografica di lei si unisce alle parole di lui. Ma
qual è il segreto di questo insolito duo? "È cominciato tutto undici
anni fa, lei è una professoressa che in realtà ha la grande passione
dell'illustrazione, ci hanno messi in contatto, sono nate le prime
collaborazioni, ci siamo confrontati e la storia è continuata così -
sorride Costa, che negli anni più recenti ha "punto" anche dalle pagine
dell'Unità e di Left - Ci definiamo soci in una società a
satireggiare; anche perché la satira, diciamolo, è una legittima difesa
in un mondo dove è sempre più difficile ironizzare. Si arrabbiano tutti, mica sorridono... Da Renzi ai Cinquestelle".
Con
il mare come sfondo, ci voleva una sirena per l'inaugurazione (alle
16.30 di sabato, secondo piano della Commenda): ed ecco apparire Roberta
Alloisio, cantautrice genovese, che sarà accompagnata da Mauro
Sabbione. La mostra sarà visitabile fino al 27 gennaio, (martedìvenerdì
10-17, weekend e festivi 10-19) . Info: www.muma.genova.it
Tra il dire e il disegnare c’è di mezzo un mare mosso, molto mosso: lo
agitano migrazioni, col carico pesante di sogni, disperazioni, paure,
strumentalizzazioni, disagi e integrazioni che portano con sé; lo
increspano notizie di inquinamenti nei suoi fondali, di guerre alle sue
sponde, di traffici di armi e persone dai suoi scali; lo scompigliano
più o meno leggermente i tuffi dei bagnanti (se non interdetti in quanto
disabili), le scie degli acquascooter (queste sì, a differenza di
quelle chimiche dei web-paranoici, non proprio innocue), i colpi di coda
di pesci virtuali e tartarughe inesistenti (gli animali acquatici
immaginari, si sa, producono ondate di fantasia). Ecco: tra il dire e il
disegnare c’è tutto questo, e molto di più, in forma ironica o onirica,
riflessiva o figurativa, poetica o pittorica, corrosiva o descrittiva: è
il variegato panorama che vi offre questa mostra, nella quale – oltre
al suddetto mare di argomenti, elementi, sentimenti e risentimenti -
troverete, sempre per scritti e disegni assortiti, qualche atollo fatto
di divagazioni sul tema, con una certa tendenza ad andare fuori tema
(magari fra gli abissi della politica e le tempeste della società).
E così, accanto alla sezione centrale dedicata al mare, a quanti lo
hanno attraversato e lo attraversano per costruirsi un futuro,
all’incontro e al confronto fra culture, all’esplorazione di differenze,
diffidenze, intolleranze e assonanze fra le civiltà, e a qualche
innocente giocosità da spiaggia, potrete gustare spazi collaterali
digressivi, da fiori diversi (di versi) e animali virtuali agli epitaffi
in rima di politici vivi e vegeti, da una ricognizione ora desolata ora
divertita sulla politica nella nostra città e nella nostra nazione a
(conseguenti?) sogni e incubi per sole immagini. È una tendenza, quella
alla divagazione, che molto ci rappresenta. Perché siamo fatti così:
spesso e volentieri iniziamo a scrivere e dipingere con un’idea precisa
in testa, e poi andiamo a finire da tutt’altra parte, essendo
rigorosamente sprovvisti di bussola, e forse pure di testa. Abbiate
pazienza, e salite a bordo con noi.
Una volta, nel corso di un’intervista televisiva, mi fu chiesto di descrivere in due parole Enzo Costa. Feci ricorso alla mia abusata mimica facciale zeneise (quella che stropicciava la maschera di Govi, per intenderci) e allargando le braccia risposi: “Enzo Costa è… Enzo Costa!”. Come raccontare, infatti, brevemente, tutto quello che Enzo è? Per non parlare di tutto ciò che fa. E tacendo di tutto ciò che, nel frattempo, pensa già di fare.
Enzo, tanto per farla semplice, è un genio. Ora, mentre scrivo, so già che lui, leggendo queste mie note, reciterà tra sé e sé quel suo celebre aforisma: “Gli uomini si dividono in due categorie: i geni e quelli che dicono di esserlo. Io sono un genio”. Credete a me: il mio socio è davvero un genio! Il suo cervello compie capriole ardite negli spazi di ogni genere: in lui troverete il battutista micidiale, l’umorista (umorale, come ebbe a definirsi) sottile, il commentatore politico (che comprende prima di altri derive o spiragli) e quello pirotecnico (dove i fuochi d’artificio linguistici di Enzo diventano spilloni garbati, che trafiggono con delicatezza chirurgica certi pupazzi delle cronache politiche, in una sorta di voo-doo apotropaico), il prosatore caustico e quello introspettivo, il poeta satirico e quello onirico.
E’ artista – e uomo - dalle infinite sfaccettature. Coglie il particolare che sfugge ad altri, avverte il dolore dove meno è evidente, evidenzia il paradosso che muta la prospettiva di un gesto o di un fatto. Ha uno sguardo sempre attento agli altri, che va oltre le apparenze e le maschere; Enzo ascolta parole e silenzi e li colora con la sua eccezionale sensibilità.
E’ il socio che da undici anni mi sfida ad entrare ogni giorno nel suo mondo di parole con i miei disegni.
E’ la persona che ha creduto nelle mie attitudini prima ancora che divenissero capacità.
E’ Enzo Costa, e mi inorgoglisce pensare che la mia matita sia l’altro capo della sua penna.
Aglaja
AGLAJA, L’INIMMAGINABILE
Sono undici anni che
Aglaja è la mia socia di perfidie satiriche. Undici anni che accosta le
sue figure alle mie parole, dieci anni che immagina immagini
meravigliosamente inimmaginabili per i miei scritti poco commendevoli.
Lo fa, come sanno bene i suoi numerosissimi estimatori, ogni giorno sul
web, ogni tanto sui libri, ogni reading sugli schermi di biblioteche,
librerie, sale di festival poetici più o meno abusivamente occupate. Una
costanza (sostantivo che, guarda un po’, inizia col mio cognome) che ha
dell’eroico e del temerario, giacché ci vuole coraggio e incoscienza
per cimentarsi per tremilaseicentocinquanta giorni consecutivi
nell’esercizio senza rete della personalissima rielaborazione
grafico-pittorica, in rete e fuori, di corsivi corrosivi e rime bacate,
per di più firmati dal sottoscritto. Eppure Aglaja lo fa, con una
naturalezza che ha dell’incredibile, ma che, al tempo stesso, ha dello
spiegabile, risalendone alla semplice, unica causa: il talento.
Ebbene sì, Aglaja è dotata di un talento mostruoso (anche nel senso di
meritevole di una mostra), riscontrabile, oltre che nell’assoluta
originalità del tratto e del trattamento dei vari materiali iconografici
su cui agisce creativamente, nella straordinaria personalità che rivela
trattando la mia scrittura: il suo è tutto fuorché un lavoro di
didascalie per immagini dei miei testi. Certo, parte da questi, ma se ne
allontana subito, con la forza propulsiva di una fantasia esplosiva
che, come dicevo, le consente tutto: dai miei brevissimi lanternini per
Repubblica Genova, dalle mie più articolate scudisciate per l’Unità, dai
miei versi e versacci assortiti, dai miei aforismi sui minimi sistemi,
lei ricava visualmente associazioni o dissociazioni di idee,
sottolineature di concetti o ribaltamenti di prospettiva, fughe in
avanti o ripiegamenti, astrazioni di politici esistenti o
concretizzazioni di emozioni evanescenti. Le sue figure sono il
secondo tempo delle mie parole, o anche un altro film possibile, una
trama nascosta, una versione da me imprevista. Si consente libertà
interpretative che mi e ci consentono voluttà visive e spirituali: è un
piacere per gli occhi e per l’anima gustare cosa diventano, attraverso
la sua matita digitale, le cose che scrivo. Ovvio: ad una qualche
costrizione, per forza di associazione a satireggiare, Aglaja deve
sottoporsi. Provateci voi a tradurre liberamente in immagini una massima
(parola enorme) come “Dio c’è, solo che è terribilmente pigro”, o un
pensiero (definizione iperbolica) come “Sono un megalomane moderato:
dopo di me, un acquazzone”. Anzi, non provateci proprio, perché ci ha
già provato lei, ottenendone capolavori ineguagliabili di arguzia
grafica. Ma lei fa questo, e di più: maneggiando genialmente i miei
epitaffi in rima, per esempio, riesce nell’impresa miracolosa di
abbinare a Giovanardi la prova ontologica dell’esistenza di Dio,
indicandola per di più in un reggiseno rosso (per quanto…), oppure
perviene al prodigio di radiografare spiritualmente Sallusti e
letteralmente la Santanché. C’è stata un’occasione, in questi undici
anni, in cui, invece, sono partito io da una sua immagine: è stata
l’occasione, tristissima, dell’alluvione di Genova del novembre 2011.
Aglaja, in quei giorni così dolorosi, aveva raccontato il dramma della
nostra città trasponendo L’Urlo di Munch nello scenario desolato
dell’acqua e del fango. Ne è nata una mia poesia, poi divenuta anche una
canzone musicata da me e Roberto Costa, che l’ha suonata, con la
magnifica interpretazione vocale di Roberta Alloisio. E dalla canzone è
scaturito poi un video, con altre immagini di Aglaja. Non è il caso
di aggiungere altro (essendo il caso di ammirare - tutto l’altro -
nella mostra), se non l’informazione che, nella mostra stessa, si
possono apprezzare anche lavori autonomi di Aglaja, ossia opere non
abbinate alle mie parole, contrassegnate da una mirabolante potenza
onirica, a volte colorata da tinte malinconiche, altre volte animata da
accenti umoristici (come nelle vignette della domenica). Buona visione. Enzo Costa